Catturato il boss Matteo Messina Denaro a Palermo: era latitante da 30 anni

Catturato, dopo 30 anni di latitanza, il boss mafioso Matteo Messina Denaro. I carabinieri del Ros lo hanno arrestato questa mattina all’interno della clinica privata La Maddalena di Palermo dove un anno fa era stato operato e da allora veniva sottoposto a cure chemioterapiche in day hospital esibendo un documento falso su cui c’era scritto il nome di Andrea Bonafede.

L’inchiesta che ha portato alla sua cattura è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido.

 Urla di incoraggiamento e applausi nei confronti dei carabinieri del Ros, da parte di decine di pazienti e loro familiari, hanno accompagnato l’arresto del superlatitante nella clinica. 

Pare che magistrati da tempo seguissero questa pista, ma di avere avuto la certezza solo tre giorni fa, dando così il via libera al blitz. 

I carabinieri del Gruppo Investigativo Speciale  erano già alla clinica Maddalena dove Messina Denaro dopo l’accettazione con il documento falso, aveva in programma prelievi, la visita e la cura prevista per la sua patologia. La clinica è stata circondata dai militari col volto coperto davanti a decine di pazienti che come lui si trovavano all’ingresso della struttura sanitaria. Un carabiniere si è avvicinato al padrino e gli ha chiesto come si chiamasse e lui avrebbe risposto : “Mi chiamo Matteo Messina Denaro”.

Dopo il blitz nella clinica,  l’ormai ex superlatitante è stato trasferito prima nella caserma San Lorenzo, poi all’aeroporto di Boccadifalco per essere portato in una struttura carceraria di massima sicurezza

Insieme a Matteo Messina Denaro è stato arrestato Giovanni Luppino, di Campobello di Mazara, accusato di favoreggiamento. Avrebbe accompagnato il boss alla clinica per le terapie.


L’ arresto di Matteo Messina Denaro nella clinica oncologica è coerente con risultati investigativi, anche molto datati che lo indicavano affetto da serie patologie. Tracce del boss superlatitante risalenti al gennaio del 1994, lo collocavano infatti in Spagna, a Barcellona, dove sarebbe stato  sottoposto, presso una nota clinica oftalmica, ad un intervento chirurgico alla retina. Ma non solo: avrebbe accusato – sempre secondo risultanze investigative di alcuni anni fa- una insufficienza renale cronica, per la quale avrebbe dovuto ricorrere a dialisi. Per non rischiare l’arresto durante gli spostamenti per le cure ed i trattamenti clinici, il boss avrebbe installato nel suo rifugio le apparecchiature per la dialisi. Una importante conferma sulle patologie accusate dal superlatitante giunse nel novembre scorso dal pentito Salvatore Baiardo, che all’inizio degli anni ’90 gestì la latitanza dei fratelli Graviano a Milano. In un’intervista televisiva, su La7 a Massimo Giletti il pentito rivelo’ che Matteo Messina Denaro era gravemente malato e che proprio per questo meditava di costituirsi.

Questo è il risultato di anni di indagini di questo ufficio e delle forze di polizia che hanno prosciugato la rete dei favoreggiatori del boss Messina Denaro”. Lo ha detto il procuratore aggiunto Paolo Guido che, insieme al procuratore Maurizio de Lucia, ha coordinato l’indagine per la cattura del capomafia di Castelvetrano. “Questo – ha aggiunto Guido – è anche il frutto di un difficile e complesso lavoro di coordinamento tra le forze di polizia che in questo momento devono essere tutte ringraziate”.

Figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina, Matteo Messina Denaro era latitante dall’estate del 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita da Primula Rossa. 

“Sentirai parlare di me – le scrisse, facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue – mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità”. 

Sul capomafia trapanese pendono condanne all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. 

Matteo Messina Denaro era l’ultimo boss di Cosa Nostra di grosso calibro ancora ricercato. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Oggi la cattura, che ha messo fine alla sua fuga trentennale. Una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano che è riuscito a evitare la galera per 38 anni.

fonte ANSA

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