Mafia, sequestrato il patrimonio del castelvetranese Gianfranco Becchina

Sequestrato il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario riconducibile al noto commerciante d’opere d’arte Gianfranco Becchina. La Direzione Investigativa antimafia di Trapani ha dato esecuzione al provvedimento, ai fini della successiva confisca di prevenzione, disposto dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Trapani, su richiesta dalla Procura della Repubblica di Palermo.

Secondo le indagini della Dia, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dal sostituto Geri Ferrara, in circa trent’anni Becchina avrebbe accumulato ricchezze con i proventi del traffico internazionale di reperti archeologici, molti dei quali trafugati clandestinamente a Selinunte, da tombaroli al servizio di cosa nostra.
All’inchiesta ha collaborato la polizia giudiziaria elvetica, attivata di Palermo con rogatoria internazionale. Originario di Castelvetrano, Becchina, in passato è stato, infatti, titolare di una galleria d’arte a Basilea, in Svizzera, nonché di imprese operanti in Sicilia nei variegati settori del commercio di cemento, nella produzione e commercio di prodotti alimentari e olio d’oliva.

A gestire le attività illegali legate agli scavi clandestini ci sarebbe stato l’anziano patriarca mafioso Francesco Messina Denaro, padre del latitante Matteo. Secondo alcuni collaboratori di giustizia, ci sarebbe stato proprio Ciccio Messina Denaro, dietro il furto del famoso Efebo di Selinute, statuetta di grandissimo valore storico archeologico trafugata negli anni Cinquanta. I suoi traffici illeciti sono stati attestati in una sentenza del Tribunale di Roma del 2011, mentre i legami con la mafia sono emersi nell’indagine patrimoniale nei confronti dell’imprenditore Rosario Cascio che ha portato alla confisca della Atlas cementi srl, costituita da Becchina nel 1987. Poi, sono arrivate anche le dichiarazioni dei pentiti Rosario Spatola, Vincenzo Calcara, Angelo Siino, Giovanni Brusca, Francesco Geraci e Concetto Mariano.

Inoltre, nei mesi scorsi, come scrive La Repubblica – Giuseppe Grigoli, l’ex patron di Despar in Sicilia condannato per essere stato il braccio imprenditoriale del superlatitante Matteo Messina Denaro, ha raccontato ai pm della direzione distrettuale antimafia di Palermo di aver ricevuto delle buste piene di soldi da Becchina, fra il 1999 e il 2006, buste che aveva il compito di consegnare a un tramite d’eccezione, Vincenzo Panicola, il cognato del superlatitante. Da ultimo, poco prima di morire, il collaboratore di giustizia castelvetranese Lorenzo Cimarosa, cugino di Messina Danaro, ha parlato dei rapporti fra Becchina e il latitante. Una confidenza che gli era stata fatta da Francesco Guttadauro, nipote del capomafia.

Sotto sequestro finiscono le aziende Olio Verde srl, Demetra srl, Becchina&Comopany srl, terreni, conti bancari, automezzi, ed immobili, tra i quali un’ala dell’antico castello di Castelvetrano, la cui edificazione risale a Federico II.
(foto repertorio)

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