TAORMINA. “FIMMINA” DI PIETRO POLIZZI IN MOSTRA ALLA CHIESA SAN GIUSEPPE
Bellezza, sensualità, umiltà, senilità, espressioni buffe ed integrazione razziale, sono i principali temi “tratteggiati” nei volti e nelle posture degli scatti di donna del fotografo borgettano Pietro Polizzi, che nel giorno di ferragosto ha inaugurato nella splendida cornice della Chiesa di San Giuseppe a Taormina la sua personale “Fimmina”. Una suggestiva galleria che propone uno spettro dei molteplici significati che sono attribuiti alla parola “fimmina”, nel dialetto siciliano: dalla madre di famiglia, alla donna in carriera, alla “mangiatrice di uomini”, alla donna matura in genere. Un viaggio di “scatti”, dunque, attraverso l’universo femminile che, come consuetudine consolidata per Pietro Polizzi, permette al fruitore dell’opera di cimentarsi in un processo di significazione che l’opera stessa non esaurisce (caratteristica che rende la sua produzione artistica dal sociale all’astratto, unica nel suo genere). La fotografia di Polizzi, infatti, si pone quale “spinta” che attiva in ogni singolo “visitatore” un pensiero ed una connotazione unici ed irripetibili. In “fimmina” poi, sono custoditi volti, gesti, posture, espressioni corporee di donne incontrate casualmente nei luoghi più disparati dell’Italia ed in particolare dell’entroterra Siciliano, in tempi passati e moderni.
INTERVISTA A PIETRO POLIZZI
………………………. Presente all’inaugurazione di “Fimmina” anche l’Assessore alla cultura del Comune di Borgetto, Francesco Davì, che per l’occasione ha indossato la maglia dallo sfondo bianco con su scritto “I LOVE BORGETTO”, diventata ormai il simbolo di tutte le manifestazioni che si organizzano in paese e perciò significativa anche a Taormina, dato che il fotografo Pietro Polizzi vive e lavora a Borgetto. L’assessore Davì, oltre a rappresentare l’Amministrazione e quindi a portare il saluto del Comune, era presente per dare il suo personale sostegno all’amico fraterno Pietro; infatti i due, insieme, hanno condiviso negli anni le gioie ed i dolori che la vita glia ha riservato.
INTERVISTA A FRANCESCO DAVI’