Processo “Oro Bianco”: prime condanne per partinicesi e alcamesi

Arrivano le prime sentenze per otto imputati che dell’operazione “Oro Bianco” che il 6 ottobre del 2021 aveva permesso di smantellare un traffico di droga che coinvolgeva i territori di Partinico ed Alcamo e che aveva Latina come epicentro.

Sono gli indagati che hanno scelto di essere processati con il rito abbreviato. L’udienza si è tenuta ieri davanti al Gup del Tribunale di Palermo Antonella Consiglio.

Diciassette anni, nove mesi e 10 giorni sono stati inflitti all’alcamese Giuseppe Di Giovanni, ritenuto dalla polizia, il capo dell’ organizzazione. Di Giuseppe si trova in carcere per scontare una pena dell’operazione antimafia Freezer.

Otto anni ad Antonino Vilardi. Diciassette anni, 9 mesi e 10 giorni al partinicese Gioacchino Guida. Due anni e otto mesi a Nicolò Rocca.

Francesco Camarda è stato condannato a 4 anni più al pagamento di 17 mila euro di multa. Vincenzo Savallo a due anni più 10 mila euro di multa. Dieci mesi e venti giorni più mille euro di multa per Noemi Maria Vilardi mentre è stata assolta Gina Bertolino mamma dei due Vilardi.

Condannati tutti gli imputati al pagamento delle spese processuali e Di Giovanni al pagamento di quelle del suo mantenimento in carcere durante il periodo di custodia cautelare.

Sono 20 in tutto gli imputati coinvolti nei due procedimenti giudiziari scaturiti dall’operazione Oro Bianco. Dodici di loro hanno scelto il rito ordinario in corso di celebrazione al tribunale di Trapani.

Tutti sono accusati a vario titolo di spaccio, traffico di droga e di estorsione.

Le indagini per l’operazione denominata “Oro bianco” partirono nel 2017 dalla sezione investigativa del commissariato di Alcamo. Indagini fatte con intercettazioni telefoniche e pedinamenti con la collaborazione dei colleghi della squadra mobile di Trapani e con l’apporto di unità cinofile. Le misure restrittive vennero emesse dal gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. A coordinare le indagini il pm Alessia Sinatra. Gli accertamenti hanno permesso di monitorare, in alcuni frangenti, affari per oltre 150 mila euro. L’operazione suscitò ad Alcamo scalpore per l’arresto anche di Antonio Di Giovanni, incensurato, padre di Giuseppe, noto imprenditore nel campo dell’autotrasporto che ha scelto il rito ordinario.

Hanno retto l’ipotesi investigativa della polizia del commissariato di Alcamo e le prove raccolte tant’è che dopo la trafila degli interrogatori di garanzia e dei ricorsi al tribunale del riesame tutti sono stati rinviati a giudizio e ora sono sotto processo.

Di Giuseppe Maniscalchi

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