Operazione Kelevra, pene ridotte in appello per la mafia di Borgetto e Partinico

La seconda sezione della corte d’appello ha ridotto le condanne agli imputati giudicati col rito ordinario nell’ambito del processo sull’operazione antimafia Kelevra.

  Il collegio presieduto da Fabio Marino ha portato da 24 a 15 anni la pena inflitta a Giuseppe Giambrone, da 16 a 9 la condanna di Francesco Giambrone, da 27 a 18 per Nicolò Salto e da 17 a 12 per Antonio Salto.

Il blitz contro di loro scattò nel maggio 2016 e riguardò molti indagati, la maggior parte delle quali preferirono farsi giudicare in abbreviato, ottenendo la riduzione di un terzo della pena.

Le famiglie mafiose borgettane Giambrone e  Salto furono protagoniste di una vera e propria faida a colpi di arma da fuoco ed intimidazioni alle imprese per contendersi la gestione del potere, fino a raggiungere un accordo per la spartizione dei proventi di estorsioni e traffico di droga.

L’udienza per la sentenza ha avuto luogo  grazie alla rinuncia a partecipare di Antonio Salto che, trovandosi detenuto al carcere di Pagliarelli si trova nel mezzo di un focolaio da coronavirus; ragion per cui  gli agenti penitenziari  evitano i trasferimenti anche all’interno della casa circondariale. Salto, infatti,  doveva essere portato nella saletta delle videoconferenze, da cui gli imputati si collegano da remoto con le aule giudiziarie, ma ciò gli è stato impedito dall’emergenza sanitaria in corso. Partecipare all’udienza era un suo diritto,  pena la nullità della stessa; da qui la rinucia volontaria alla presenza per arrivare all’attesa sentenza. Antonio Salto è figlio del boss Nicolò che, nel 2009 si salvo’ miracolosamente dalle ferite riportate in un agguato che gli tese il clan rivale prima di raggiungere la pace.  

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