Partinico, inchiesta su “acqua-vino”: 5 gli indagati a piede libero tra cui tre incensurati

Sono 5 gli indagati a piede libero sull’inchiesta che ha portato le fiamme gialle alla scoperta  di un laboratorio clandestino e di uno stabilimento enologico a Partinico dediti alla sofisticazione del vino.  La mente di tutto sarebbe stato  l’ imprenditore  Ottavio Lo Cricchio, Giovanni Groppuso invece, sarebbe stato il suo braccio destro. Insieme a loro altri tre insospettabili incensurati,   due partinicesi di   40 e 52 anni, e un camporealese di 45 anni,  che avrebbero fatto da prestanome per mettere su un sistema che solo nell’ultimo biennio gli aveva permesso di fare profitti per ben 8 milioni di euro, producendo e vendendo a circa un euro al litro la cosiddetta “acqua-vino” ad ignare aziende produttrici di aceto come Ponti o De Nigris. Rispolverando la tecnica utilizzata negli anni 80, aggiungevano acqua e zucchero a vino e mosto, lo imbottigliavano con una falsa etichetta recanti indicazioni geografiche o denominazioni di origine contraffatti e lo commercializzavano. Lo Cricchio e Groppuso sono volti noti alle forze dell’ordine: soprattutto il primo, 56 anni, con una sfilza di precedenti per reati fiscali, con particolare riguardo all’emissione e all’utilizzo di false fatturazioni, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, associazione per delinquere anche di tipo mafioso, e violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale; il secondo, invece, 66 anni, anche lui partinicese, vanta numerosi precedenti di polizia per estorsione, truffa, violenza privata, reati contro l’economia, ricettazione, falso ed altro. Ad Ottavio Lo Cricchio erano riconducibili tutte le aziende  finite sotto inchiesta: le imprese vinicole San Domenico vini srl, la società cooperativa Cantina Sociale Terre del Sud, la Cantina Prime Luci srls e Lariana wine trading srl. Tutte avevano come base il laboratorio clandestino scoperto dai militari della Compagnia della Guardia di Finanza di Partinico guidata da Andrea Mascia, con la collaborazione del comando provinciale e dei funzionari dell’ispettorato repressione frodi (Icqrf) del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. Qui, avveniva materialmente la  trasformazione illegale del prodotto; qui arrivavano le partite di zucchero di barbabietola e di canna acquistate in nero da aziende campane; qui veniva effettuata la miscelazione con acqua e zucchero per ottenere  un composto liquido strumentale alla preparazione di falsi vini e mosti. Dopo la miscelazione, il prodotto liquido ottenuto era destinato allo stabilimento enologico di Partinico in cui hanno sede le imprese vinicole coinvolte nell’attività illecita, che poi vendeva i vini e mosti contraffatti e sofisticati agli ignari clienti. Sui 5 indagati si ipotizzano i reati di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, di frode nell’esercizio del commercio e vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine. Insieme, avrebbero pianificato  complessi artifizi contabili grazie all’ausilio di altre società consorelle costituite ad hoc e di «cartiere», annotando fittizie introduzioni di mosti, uve e vini per creare un presupposto di apparente legalità ai prodotti vitivinicoli commercializzati su cui venivano apposte false denominazioni di origine e indicazioni geografiche siciliane.

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