Operazione Resilienza, i commercianti di Borgo Vecchio contro il pizzo: 20 arresti (Video)

“Fatti un tatuaggio e ci scrivi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, così si risolvono i problemi”, diceva uno dei venti boss fermati questa notte a Palermo dai carabinieri del nucleo Investigativo al cantante Niko Pandetta, finito al centro delle polemiche per le sue dediche ai padrini mafiosi. Mentre le microspie registravano, 14 tra commercianti e imprenditori  presi di mira da Cosa Nostra,  hanno deciso di denunciare i loro estorsori. La direzione distrettuale antimafia ha fatto così scattare il fermo, stanotte, nei confronti di boss e gregari della famiglia di Borgo Vecchio.     A firmare il provvedimento, il procuratore capo Francesco Lo Voi, l’aggiunto Salvatore De Luca e le sostitute Amelia Luise e Luisa Bettiol.  L’inchiesta, denominata “Resilienza”,  ha portato in carcere 20 persone tra cui il 53enne Angelo Monti, considerato a capo della riorganizzazione di Cosa Nostra nel popolare quartiere palermitano, dopo essere tornato libero nel novembre del 2017. Monti aveva rimesso in piedi il clan come fosse un’azienda. Il suo braccio destro era il fratello Girolamo. Il gestore della cassa era Giuseppe Gambino. Addetti alle estorsioni erano Salvatore Guarino, già condannato per associazione mafiosa, Giovanni ZimmardiVincenzo Vullo e Filippo Leto. Il nipote di Angelo Monti, Jari Massimiliano Ingarao era il referente nel settore del traffico di droga con la Campania e si occupava dei rapporti con i cantanti neomelodici: il 6 dicembre 2019 costrinse alcuni commercianti a sponsorizzare l’esibizione di una cantante neomelodica al teatro Don Orione di Palermo. E parte dei proventi del concerto andò alle famiglie dei detenuti del clan.  La nuova campagna di estorsioni che aveva avviato Monti  e anche l’imposizione dei neomelodici di fiducia nella festa del quartiere erano parte della stessa strategia criminale. Per controllare il territorio e guadagnare consenso sociale. I padrini mediavano anche fra gli ultras allo stadio: non volevano scontri, per controllare al meglio la tifoseria. La mafia di Borgo Vecchio, così come spiega il generale Arturo Guarino, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, ha provato a rialzare la testa, ma grazie agli operatori economici che hanno trovato il coraggio di denunciare le richieste di pizzo è stato inferto un altro duro colpo al clan.

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