Cinisi, avviato esproprio “casolare” in cui venne ucciso Peppino Impastato

  Il dipartimento regionale dei Beni culturali ha pubblicato il decreto del dirigente generale Sergio Alessandro che avvia la procedura per l’esproprio del casolare di Cinisi in cui, il 9 maggio del 1978, venne trovato morto Peppino Impastato, il militante di democrazia proletaria assassinato da Cosa Nostra perché dai microfoni di radio aut, osava denunciare gli affari politico- mafiosi che si stringevano in paese.    La decisione era arrivata lo scorso mese di  settembre con un accordo fra Regione ed ex Provincia: Palazzo d’Orléans esproprierà il casolare e il terreno circostante in cui la mafia assassinò Peppino Impastato, mentre la Città metropolitana procederà al recupero del bene per la sua fruizione.

 Gli immobili saranno destinati a diventare luoghi della memoria, dedicati a Peppino,  “per promuoverne – come si legge in una nota di Palazzo d’Orléans – la più ampia valorizzazione e fruizione pubblica”. La Soprintendenza di Palermo è stata incaricata di curare l’attuazione del piano di esproprio. A disposizione ci sono circa seicentomila euro. Centomila euro, già stanziati dalla giunta regionale, serviranno per acquisire l’immobile in cui venne consumato l’omicidio e che, cinque anni fa, è stato dichiarato di “interesse culturale”. La stima del valore del casolare è stata effettuata dal dipartimento delle Infrastrutture, mentre al dipartimento dei Beni culturali è stata affidata la procedura espropriativa del bene di proprietà privata. Gli altri cinquecentomila euro verranno assegnati dalla Regione all’ex Provincia di Palermo per poter procedere al restauro. Nell’edificio rurale, che si trova in una stradina interna nei pressi dell’aeroporto Falcone e Borsellino, il fondatore di Radio Aut venne trascinato, dopo essere stato rapito,  dagli uomini al soldo del defunto boss Tano Badalamenti che, Peppino beffeggiava pubblicamente quale “Tano Seduto”. Dopo averlo ucciso, hanno adagiato il suo corpo sui binari della vicina ferrovia,  per simulare un’esplosione accidentale nel corso di un fallito attentato terroristico. Tesi che, all’epoca, vennero supportate dalle forze dell’ordine, provocando un vero e proprio depistaggio sulle indagini.

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