Borgetto. Le motivazioni dello scioglimento del comune: “accordo politico-mafioso”

Dal patto politico-mafioso che ne avrebbe garantito la guida del paese, ai favori a boss, amministratori comunali ed imprenditori compiacenti, dagli affidamenti illegittimi di lavori pubblici al condizionamento del sistema dei rifiuti. E’ lungo l’elenco di presunte malefatte stilato dal prefetto di Palermo Antonella De Miro in seguito all’accesso ispettivo al Comune di Borgetto che ne ha determinato lo scioglimento.

“Sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività comunale” si legge nel decreto del Presidente della Repubblica pubblicato ieri nella Gazzetta Ufficiale che rende note le motivazioni del provvedimento adottato il 2 maggio scorso dal Consiglio dei Ministri.

Il sindaco Gioacchino De Luca, qualche componete della sua giunta e del consiglio comunale e pure alcuni dipendenti del Municipio avrebbero intrattenuto legami e frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata che avrebbero sostenuto nel 2013 la lista civica “Svolta Popolare” rappresentata proprio da De Luca.
La mafia avrebbe procurato voti alla coalizione, in particolare ad un candidato al consiglio comunale (parente acquisito di un boss) ne avrebbe assicurati 78.
Le indagini avrebbero accertato quindi l’esistenza di un accordo politico-mafioso in base al quale i candidati sostenuti dalla cosca locale, una volta eletti avrebbero dovuto garantire come controprestazione l’affidamento di alcuni servizi.
Emblematico il caso della gestione dei rifiuti: come è noto il Comune di Borgetto è socio dell’Ato Palermo 1 – spesso inadempiente a causa delle difficoltà economiche in cui versa-, ma il sindaco e il suo vice avevano trovato la soluzione per mantenere pulito il paese, affidandosi ai privati. Secondo quanto emerge dalla relazione, in campagna elettorale in cambio del sostegno della cosca locale sarebbe stato stabilito che il Comune avrebbe dovuto impiegare per almeno cinque volte al mese “la paletta” (una ruspa) di una ditta riconducibile a Giuseppe Giambrone considerato insieme a Nicolò Salto a capo del locale mandamento  mafioso (entrambi sono stati arrestati nell’operazione Kelevra).
Nella relazione del prefetto De Miro, “la paletta” è al centro degli interessi politico-mafiosi. Insomma, quando le strade del paese si riempivano di cumuli di rifiuti, il sindaco De Luca (secondo quanto si legge) piuttosto che adottare interventi programmati e strutturali, avrebbe preferito ricorrere all’utilizzo della solita “paletta” di proprietà di una società che avrebbe ricevuto per due volte  “informazione antimafia interdittiva”. Gli intestatari tra l’altro sono coinvolti nell’indagine Kelevra che il 4 maggio 2016 ha portato dietro le sbarre boss e gregari di Cosa Nostra locale. Sempre in ambito di rifiuti, frequente  è stato il ricorso ad una serie di ordinanze contingibili ed urgenti, adottate ai sensi dell’art. 191; provvedimenti –si legge ancora nella relazione- disposti non sulla base di situazioni di eccezionale ed urgente necessità, come richiesto dalla normativa di settore, ma per sopperire alla mancata adozione, da parte dell’amministrazione, di interventi programmati e strutturali in quel settore. Scelte che hanno comportato il raddoppio dei costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Inoltre le risultanze dell’accesso hanno evidenziato che degli affidamenti hanno beneficiato società o ditte riconducibili ad ambienti controindicati e che addirittura l’Azienda Sanitaria Provinciale aveva invitato il Comune a risolvere la problematica con misure strutturali piuttosto che con interventi sporadici e limitati nel tempo, ovvero le ordinanze.

Ma quello dei rifiuti non sarebbe stato l’unico settore pilotato dall’amministrazione per garantire la criminalità organizzata.  Il Comune di Borgetto  –evidenzia la relazione – non ha nemmeno sottoscritto il protocollo di legalità “Carlo Alberto Dalla Chiesa” con la prefettura di Palermo.  E così ci sarebbe pure l’affidamento diretto dei lavori disposti a seguito di avversi eventi atmosferici, come la nevicata del 2014, quando la pulizia delle strade fu affidata dal sindaco ad una ditta controllata e nella disponibilità di esponenti mafiosi. O ancora gli interventi alla rete fognaria o per il rifacimento del manto stradale in alcune vie, con la solita “paletta” che avrebbe eseguito lavori pure nei pressi delle abitazioni di Giambrone e di Salto.

Nelle motivazioni dello scioglimento si parla anche dell’appalto dell’illuminazione pubblica e della fornitura di acqua per uso igenico-sanitario da parte di una ditta privata.

Dunque la relazione redatta dalla commissione d’indagine ha evidenziato un diffuso quadro di illegalità, in diversi settori dell’ente locale. L’apparato burocratico inoltre si è caratterizzato per la sua permeabilità alle logiche clientelari,  condizione che ha determinato uno sviamento dell’attività amministrativa dai principi di legalità.
Il Comune di Borgetto è stato amministrato contravvenendo –si legge sempre nella relazione- ad ogni regola di sana e buona gestione della “res pubblica”. Per esempio da un controllo generale delle entrate tributarie la Commissione ha accertato che solo il 4% degli amministratori pubblici pagava le imposte comunali e che invece boss e gregari coinvolti nell’operazione Kelevra non solo non pagavano in tutto o in parte i tributi, ma nemmeno sono stati indicati come debitori, stessa regola valeva per alcuni imprenditori.

Appare chiara –scrive la Commissione- l’incapacità dell’amministrazione comunale di porre in essere un’efficiente attività di riscossione dei tributi e di perseguire mirate ed efficaci azioni di lotta alla diffusa evasione fiscale che coinvolge la stessa classe politica, mafiosi ed imprenditori che hanno intrattenuto rapporti economici con l’ente locale.

Gestione poco trasparente anche nel settore dei servizi sociali, infatti l’organo ispettivo ha accertato numerose lacune e irregolarità nell’attivazione del progetto “servizio 100 ore”. Irregolarità riscontrate sia nella fase di individuazione dei lavoratori che in quella di liquidazione degli emolumenti. Al progetto è stato ammesso pure il figlio pregiudicato di un boss.

Il Comune di Borgetto è stato sciolto il 2 maggio 2017, per 18 mesi sarà guidato da una commissione straordinaria incaricata di rimuovere tempestivamente gli effetti pregiudizievoli per l’interesse pubblico e per assicurare il risanamento dell’ente locale.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Hide picture