Carini, il pentito Nino Pipitone svela altri retroscena sugli affari della famiglia mafiosa

A 24 ore dai primi arresti scaturiti dalle rivelazioni del neo pentito Nino Pipitone, dalle dichiarazioni messe a verbale sugli affari di alcuni personaggi, già finiti sotto inchiesta e su cui si potrebbe tornare ad indagare, emergono nuovi dettagli.

Il racconto del collaboratore di giustizia – così come pubblica Live Sicilia – parte da Salvatore Cataldo, il costruttore di Carini accusato di avere partecipato al duplice omicidio di Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto.

Pipitone sostiene che “Cataldo aveva un’impresa edile che lavorava nella zona di Carini. Non era formalmente affiliato, ma era sempre a disposizione della famiglia mafiosa per affari ed investimenti, come altri imprenditori del luogo. Cataldo avrebbe avuto come socio in varie attività edilizie anche un avvocato carinese. “Cataldo – racconta Pipitone – comprava terreni con l’autorizzazione dei miei zii, poi costruiva e rivendeva le case, destinando una parte del provento alla cassa della famiglia mafiosa di Carini; in cambio riceveva protezione nei rapporti con i suoi operai, quando insorgevano problemi o contrapposizioni”.

Sul conto di Cataldo, Pipitone aggiunge che “avrebbe partecipato all’occultamento del cadavere di Bonanno (Giovanni Bonanno, mafioso di Resuttana) e che avrebbe “creato contatti con altri imprenditori edili al fine di chiedere le estorsioni”.

Il collaboratore tira in ballo per lo stesso duplice omicidio anche Antonino Di Maggio. “È un uomo d’onore della famiglia di Carini – avrebbe messo a verbale Pipitone – era un punto di riferimento per le estorsioni, visto che molte persone che dovevano pagare venivano indirizzate a lui. Aveva una società denominata Cli che si occupava di vendita di elettrodomestici in tutta la regione e so che erano riusciti ad aprire un punto vendita molto grande a Castelvetrano. Aveva ottimi rapporti con i Lo Piccolo, so che per un periodo della loro latitanza sono stati ospiti di Di Maggio a Piraneto”. Pipitone aggiunge che avrebbe avuto ruoli delicati nel corso della costruzione della metropolitana. Salvatore Lo Piccolo aveva incaricato Di Maggio di occuparsi della messa a posto delle ditte che si occupavano dei lavori e di distribuire il ricavato, secondo le competenze territoriali, alle varie famiglie del mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale. So che Di Maggio – conclude il pentito Nino Pipitone – ha fatto partecipare ai lavori alcune ditte di sua fiducia ed aveva anche una contabilità di questa sua gestione”.

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