I Pm chiedono la sorveglianza speciale per Paolo Giambruno, ai raggi X gli affari con Cataldo

Per la Procura di Palermo, Paolo Giambruno, sarebbe un elemento “socialmente pericoloso”. I pm Petralia, Ferrara e Bevilacqua, infatti, hanno avanzato l’istanza per l’applicazione, nei suoi confronti, della sorveglianza speciale con obbligo di dimora. La decisione di emettere o meno la misura di prevenzione personale, spetterà ai giudici del tribunale.

Intanto, gli investigatori stanno cercando di fare luce sull’enorme giro di affari che ruota attorno al dirigente del dipartimento veterinario dell’Asp di Palermo, nonché presidente dell’ordine dei medici veterinari, a cui sono stati sequestrati documenti e computer dall’abitazione e dall’ufficio.

Pare, infatti, che Giambruno non si sia limitato ad investire le proprie risorse finanziarie, ma avrebbe svolto attività imprenditoriali in prima persona, amministrando aziende, finanziandole direttamente pur non averne legittimo titolo.

La ricostruzione affidata ad esperti contabili va ben oltre il sequestro deciso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo che ha colpito società e conti correnti riconducibili, secondo l’accusa, a Paolo Giambruno.

Le indagini a suo carico, avviate nel 2010, sono nate dalla denuncia di un medico veterinario del servizio sanitario pubblico che puntò il dito contro presunte illegalità commesse nella gestione del Dipartimento dell’Azienda sanitaria provinciale. L’inchiesta in merito ha finora portato a 29 avvisi di garanzia, coinvolgendo funzionari e dirigenti del dipartimento veterinario, allevatori e amministratori di aziende, per reati che vanno dall’abuso d’ufficio, alla concussione, al falso ideologico, alla truffa aggravata, fino al commercio di sostanze alimentari nocive.

Ma per Giambruno, i guai, sembrano non essere finiti. Ad insospettire i magistrati, infatti, ci sarebbero i rapporti fra il dirigente medico e l’imprenditore carinese Salvatore Cataldo, già condannato per mafia. Nel corso delle indagini sarebbe emerso l’impegno di Giambruno per evitare che sui beni del mafioso si abbattesse la scure del sequestro.

Le connivenze fra i due sarebbero state accertate tra il 2005 e il 2013. Adesso, sotto la lente d’ingrandimento, ci sono i file del pc del dirigente, in cui, i poliziotti della Digos, avrebbero scoperto quella che viene definita “una contabilità occulta”. Vi sarebbero annotate cifre che lo stesso Giambruno avrebbe catalogato alla voce “In Nero”. Il suo conto corrente avrebbe movimentato in pochi anni qualcosa come “43 milioni di euro, sia in entrata che in uscita, con un picco nell’anno 2006, quando gli accrediti e gli addebiti di conto corrente avrebbero superato, nell’anno, i 20 milioni di euro”.

Nel 2011 gli uomini della Digos perquisirono le sedi legali delle società “Penta Engineering Immobiliare srl” e “Carini Yachting spa” (la prima è fra le aziende sotto sequestro) e la casa di Giambruno dove trovarono una serie di assegni intestati alle ditte DCC srl e A.J.F. srl, entrambe di Carini e riconducibili la prima a Cataldo e la seconda alla famiglia mafiosa carinese dei Pipitone.

Peraltro Cataldo e Giambruno figuravano nella compagine societaria della Penta costituita nel 2004. Entrambi, il 15 febbraio del 2006, sarebbero saliti a bordo di un aereo che li avrebbe condotti a Roma per la stipula del preliminare di compravendita di un terreno industriale a Carini.

E questi sarebbero solo alcuni degli incroci fra Giambruno e Cataldo, ritrovati pure soci nella Isilat srl che, sempre a Carini, avrebbe stipulato negli anni una serie di compravendite di terreni e immobili.

Nel 2008 arrivarono le dichiarazioni del pentito del clan di San Lorenzo, Gaspare Pulizzi, ad inguaiare Cataldo, definito “vicinissimo alla famiglia mafiosa ed in particolare ai Pipitone”.

Per Cataldo scattarono le manette che non fermarono, però, secondo l’accusa, “le relazioni” con il dirigente veterinario, nonostante qualche amico lo avesse messo in guardia. Da un’intercettazione, infatti, emerge che l’imprenditore ed ex consigliere comunale di Carini Massimo Carollo, pure lui indagato perché beneficiario di una soffiata di Giambruno sull’arrivo dei controlli dell’Asp nella sua azienda dolciaria, lo avrebbe messo in guardia sulla caratura mafiosa di Cataldo, invitandolo a prenderne le distanze.

Ma Giambruno, dopo l’arresto dell’uomo considerato legato al clan di Carini, si sarebbe rivolto al figlio di Salvatore Cataldo, Giuseppe, anch’egli indagato, per ristrutturare un capannone acquistato dalla Penta Engineering nella zona industriale di Carini. Segno, pure questo, che confermerebbe la continuità, dal 2005 al 2013, dei rapporti e degli interessi fra Giambruno e Cataldo.

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