Vito Roberto Palazzolo racconta i segreti dei boss di provincia

I grandi affari si concordavano in una villetta alla Ciammarita, qui Vito Roberto Palazzolo incontrava i boss, quando dalla Svizzera tornava in vacanza in Sicilia. Lui, originario di Terrasini andava a braccetto con la mafia corleonese e con quella partinicese.

Parla da mesi con i magistrati il “cassiere di Cosa Nostra” che però non vuole essere chiamato pentito.

Secondo quanto pubblica oggi livesicilia.it, Vito Roberto Palazzolo starebbe raccontando gli affari del capomafia Totò Riina e di altri pezzi da novanta. Sostiene però di essere stato “usato” dalla mafia che ha “abusato” delle sue capacità.

Il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi e i sostituti Francesco Del Bene e Dario Scaletta hanno già firmato una sfilza di deleghe ai finanzieri per riscontrare le sue dichiarazioni e rintracciare il filo del riciclaggio – mai interrotto – scoperto trent’anni fa da Giovanni Falcone.

Tra le prime cose di cui Palazzolo ha riferito ci sono gli “80 milioni di dollari trasferiti in pochi anni dall’America in Svizzera. Li nascondevamo dentro le valigie”. I corrieri dei soldi sporchi non passavano i controlli, ma “accedevano alle aree riservate” di importanti compagnie aeree dove “i bagagli non venivano controllati”. Siamo alla fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta – gli anni della Pizza Connection – quando la mafia siciliana acquistava tonnellate di morfina in Turchia, la raffinava in Sicilia e poi riempiva il mercato americano di eroina, spacciata attraverso una fitta rete di pizzerie e ristoranti gestiti da siciliani espatriati. Gli incassi, milioni e milioni di bigliettoni verdi, grazie alla preziosa collaborazione di Palazzolo, finivano nel circuito bancario elvetico tramite alcune società finanziarie. E da qui investiti altrove.

Dopo aver fatto anni a negare Palazzolo avrebbe adesso ammesso di essere stato il tesoriere dei corleonesi, storicamente in ottimi rapporti con la cosca di Partinico a cui era affiliato. Furono proprio i boss di Partinico, racconta il neo dichiarante, a proteggere Riina quando si rese irreperibile dopo l’omicidio di Michele Navarra, il medico e capomafia di Corleone assassinato alla fine degli anni cinquanta su mandato di Luciano Liggio.

Palazzolo ha dichiarato pure di essere stato contattato da Totò Riina che gli disse “per Cosa nostra deve trattare come me” e Palazzolo divenne il collettore del riciclaggio dei più potenti mafiosi di Palermo e provincia.

Nei verbali compare il nome del patriarca di Partinico “Nenè Geraci”. Su Partinico e in particolare sul clan Nania è in corso un processo davanti alle Misure di prevenzione, perché, secondo l’accusa, la villa alla Ciammarita, località balneare di Trappeto, sarebbe riconducibile a loro. Una villa diventata la base operativa degli affari dei boss, molti dei quali portavano “in contanti, dentro i sacchi della spazzatura” i soldi da investire all’estero. Quando i boss capirono che, nonostante le connivenze e l’assenza di controlli, fosse troppo rischioso fare viaggiare i soldi nei doppifondi delle valigie, “mi sono inventato – mette a verbale Palazzolo – le compensazioni finanziarie tra istituti bancari e società con sedi a New York e in Svizzera”.

La vigilia di Natale del 1986 Palazzolo “scappa” in Sudafrica e cambia identità, gli ultimi interessi economici il terrasinese li stava coltivando a Bangkok, dove nel 2012 è stato arrestato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Hide picture