Assolto l’imprenditore Ferdico

Dopo tre richieste di archiviazione e un’imputazione coatta Giuseppe Ferdico è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Assolto dal giudice per l’udienza preliminare Riccardo Ricciardi con la formula “perché il fatto non sussiste”.

Per il re dei detersivi il pubblico ministero aveva chiesto otto anni di carcere. Era stata la stessa Procura a sostenere per tre volte che non ci fossero gli elementi per mandarlo a giudizio. “L’accertata esistenza di rapporti di collusione e di complicità con soggetti inseriti o gravitanti nell’organizzazione mafiosa non appare sufficiente per ritenere provato il suo organico inserimento all’interno dell’organizzazione stessa”, ecco perché era stato chiesto di chiudere il capitolo giudiziario di Ferdico. La cui attività è stata scandagliata da cima a fondo. La sua vertiginosa scalata imprenditoriale aveva destato sospetti. L’intero impianto contabile dal 2000 al 2010 era apparso “fortemente viziato da irregolarità, anomalie, falsità che fanno molto ragionevolmente credere nell’esistenza di una contabilità parallela”. Tutto questo, però, dissero i pubblici ministeri, non bastava a mandarlo sotto processo.

Poi, però arrivarono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che misero a verbale che i fratelli Stefano e Angelo Fontana avevano utilizzato le attività di Ferdico per ripulire 400 milioni di lire. Il nome dell’imprenditore compariva pure in alcuni pizzini sequestrati a Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Si faceva riferimento ad assunzioni e pagamenti. Tutte accuse ritenute generiche e non riscontrabili. Ferdico si è sempre definito una vittima, costretto a pagare il pizzo, anche sotto forma di assunzioni, per evitare guai.

Dopo l’ultimo dei tre no all’archiviazione, gli inquirenti si concentrarono sui rapporti fra Ferdico e Angelo Galatolo. Nel corso di una perquisizione in casa Galatolo, nel 2010, gli investigatori trovarono una serie di documenti. Appunti in cui veniva descritto il giro d’affari di Ferdico nel 2009 e una quindicina di fatture per 200 milioni che l’imprenditore aveva pagato nel 2003 e 2004 alla Shoppers & Paper. Si trattava della ditta di Galatolo che vendeva sacchetti di plastica e carta da imballaggio. “L’analisi conferma l’esistenza degli intensi rapporti d’affari – scrissero i pm – ma non consente di pervenire ad un accertamento inequivoco anche sull’esistenza di un rapporto di cointeressenza di fatto fra i due”.

Nel novembre del 2011 Francesco Onorato, un tempo affiliato alla famiglia mafiosa di Partanna Mondello, ricostruì i rapporti di Benedetto Marciante, mafioso di Resuttana, con i clan Galatolo e Madonia. Raccontò che le maggiori fortune Marciante le aveva fatte attraverso la trasformazione industriale delle liscivia da cui ricavava il detersivo che poi metteva in commercio utilizzando falsi noti marchi. In questa attività erano investiti i soldi dei Madonia e dei Galatolo. Per la commercializzazione Marciante si sarebbe avvalso di diversi imprenditori, “tra i quali ricordo un certo Ferdico”.

Quando si pentì Marcello Trapani, ex avvocato dei Lo Piccolo, gli investigatori gli chiesero anche notizie su Ferdico. E l’ex penalista riferì che l’imprenditore aveva assunto il figlio di Salvatore Puccio, cognato di Salvatore Lo Piccolo: “Ferdico non aveva esitato a mettersi a disposizione”.

L’ultimo collaboratore ad essere interrogato era stato Marco Favaloro, un tempo uomo di fiducia dei Galatolo e dei Madonia. La sua era stata una testimonianza chiave. Su Favoloro i pentiti Angelo Fontana e Francesco Onorato, infatti, non avevano avuto dubbi: “Ha rapporti stretti con Ferdico”. Eppure Favoloro disse “il nome nulla mi dice, non lo conosco”. E quando gli mostrarono la foto del re dei detersivi aggiunse: “Mi sembra un viso conosciuto, ma di certo non ho mai avuto a a che fare con questa persona. Non ho motivo per non dire la verità, non capisco come Onorato e Fontana possano avere dichiarato che lo conosco”.

Secondo i pm, le prove raccolte non bastavano per chiedere un processo. Furono sufficienti, invece, per ottenere un sequestro di prevenzione. I punti vendita della Ferdico Giuseppe & C snc sono in amministrazione giudiziaria. Una dozzina di market, a Palermo e provincia, intestati all’imprenditore, alla moglie e ai loro tre figli. Il valore complessivo dei beni supera i 450 milioni di euro.

Dopo tre richieste di archiviazione, però, arrivò l’imputazione coatta. Il giudice per le indagini preliminari decise impose ai pubblici ministeri di formulare il capo di imputazione.

Davanti al Gup, alla fine, è passata la linea difensiva degli avvocati Roberto Tricoli e Luigi Miceli. Da sempre sostenuto che “Ferdico ha subito un danno imprenditoriale e personale, nonostante la procura della Repubblica di Palermo si sia determinata ad avanzare più richieste di archiviazione, all’esito di una attenta e vastissima indagine che ha scandagliato l’intera attività commerciale esercitata dalle aziende di Ferdico”. Il giudice ha dato loro ragione.

livesicilia.it

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