Grande Passo. Replicano la Curia di Monreale, il sindaco di Corleone e il deputato UDC Nino Dina

La Curia di Monreale smentisce categoricamente le notizia che Antonino Di Marco gestisse i terreni della Chiesa attorno al Santuario di Tagliavia a Corleone. La Diocesi non ha mai intrattenuto rapporti con un mafioso. Di Marco, insospettabile dipendente comunale è stato arrestato ieri nell’operazione “Grande Passo”. Durante le indagini sarebbe emerso che la famiglia mafiosa di Corleone gestiva alcuni terreni in contrada Tagliavia, a rivelarlo le intercettazioni, dalle quali si sarebbe appreso che sia stato il figlio del boss Totò Riina, Salvuccio, a concedere a Di Marco l’affare in segno di riconoscenza per i servigi resi. Terreni contesi con Giuseppe Lo Bue, figlio di un altro capomandamento di Corleone, Rosario, coinvolto nell’operazione Perseo del 2008 e poi assolto. Lo Bue avrebbe portato al pascolo le sue mucche, dove però vigerebbe il divieto di pascolo imposta dalla Forestale. Le conversazioni sono state registrate dagli investigatori l’1 novembre 2012 alle 10.43 e alle 11.13. “Non si è in grado di spiegare –si legge nell’ordinanza- come mai questi terreni, seppure di proprietà della Curia, siano di interesse per Cosa Nostra corleonese. La Diocesi di Monreale “smentisce categoricamente che tra i dipendenti della Curia ci sia mai stato Antonino Di Marco, né mai con il suddetto ha intrattenuto alcun tipo di rapporto”. E il sindaco di Corleone, Leoluchina Savona, sottolinea che “i soggetti coinvolti nell’indagine, erano legati al Comune esclusivamente da vincoli lavorativi anteriori all’insediamento dell’attuale giunta, e respinge qualsiasi legame di natura poltica”. “Sono sereno perché forte delle mie certezze”, afferma invece Nino Dina, deputato regionale e presidente della commissione bilancio all’Ars. Il suo nome è stato affiancato a quello del clan guidato da Antonino Di Marco, che sarebbe stato pedinato mentre andava nella segreteria politica del parlamentare dell’Udc. “La mia attività politica –dice Dina- fatta di fatica quotidiana e di rapporti con la gente si è sempre stata distante da soggetti e ambienti comprovatamente mafiosi, da zone grigie, e da soggetti che potessero far sorgere un benché minimo dubbio di appartenenza alla mafia o alla malavita organizzata. Sono amareggiato dalle notizie di stampa, e qualora dovessero emergere responsabilità personali, anche di tipo etico, senza alcuna remora rimetterò il mio mandato di presidente della commissione Bilancio dell’Ars per rispetto delle Istituzioni. E comunque –conclude Nino Dina- intendo svolgere questa azione di conoscenza temporaneamente svincolato dall’appartenenza al partito dell’Udc, mettendolo così al riparo da qualsivoglia speculazione”. Il Movimento 5 Stelle e il deputato nazionale di SEL, Erasmo Palazzotto, invitano Nino Dina ad autosospendersi dalla carica di presidente della commissione bilancio in attesa di chiarire la sua posizione. Per i pentastellati la sospensione di Dina gioverebbe all’immagine del Parlamento, già fin troppo sbiadita a causa di un operato veramente deludente ed inefficace, più duro il commento di Palazzotto “Dina deve spiegare ai Siciliani e non ai magistrati perché esponenti delle famiglie mafiose di Corleone e Palazzo Adriano frequentavano la sua segreteria e dichiarano di averlo incontrato più volte prima e dopo la campagna elettorale”. Antonino Di Marco, considerato il nuovo capomafia di Corleone, aveva già fatto parlare di sé, era addirittura diventato famoso sul web con un video che fece indignare la rete. Nel 2013 infatti, venne denunciato per maltrattamento di animali dalle guardie zoofile. Di Marco, custode del campo sportivo del paese, fu ripreso mentre prendeva a calci un cane durante la partita Dattilo-Atletico Corleone. Le immagini finirono su Youtube e su diversi social network.

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