Voto di scambio più difficile da dimostrare, accolto il ricorso di Antinoro
La nuova norma sul voto di scambio di aprile scorso, ha sì esteso esteso l’ambito di applicazione, prevedendo oltre al denaro anche “altre utilità” come contropartita per il procacciamento di voti, ma ha pure concesso un favore all’imputato prevedendo espressamente che i voti vengano procurati con “modalità mafiose”, restringendo così la fattispecie. Lo sottolinea la Cassazione nel processo a carico dell’ex europarlamentare Antonello Antinoro.
Alla luce della nuova formulazione del reato di voto di scambio, la sesta sezione penale della Cassazione ha disposto un nuovo processo di appello per l’ex esponente dell’Udc, accusato di aver incontrato prima delle elezioni del 2008 esponenti di un clan palermitano per stringere un accordo elettorale.
Il ricorso della difesa dell’imputato, aveva appunto chiesto di applicare in via retroattiva la nuovo legge, più favorevole. E su questo punto la Corte ha dovuto convenire.
Con la legge di aprile, spiega la Cassazione, è stato introdotto “un nuovo elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice” che rende, rispetto alla versione precedente, “penalmente irrilevanti condotte pregresse consistenti in pattuizioni politico-mafiose che non abbiano espressamente contemplato concrete modalità” mafiose “di procacciamento voti”.
Di conseguenza, per far sussistere l’accusa bisogna dimostrare la “piena rappresentazione da parte dell’imputato di aver concluso uno scambio politico-elettorale implicante l’impiego da parte del sodalizio mafioso della sua forza di intimidazione e costrizione della volontà degli elettori”.