Blitz antimafia a Corleone, in manette il fratello di Totò Riina

I giovani mafiosi lo cercavano per un consiglio o per una raccomandazione. E lui non si tirava indietro, come fosse un vecchio padrino, anche se non ha mai avuto una condanna per mafia. Gaetano Riina, il settantottenne fratello minore del più noto Totò Riina, era ormai diventato un punto di riferimento per le nuove leve della mafia siciliana, che stanno cercando di riorganizzarsi dopo gli arresti e le condanne degli ultimi anni. Questo dicono le indagini dei carabinieri del Gruppo Monreale e del Ros, coordinate dal sostituto procuratore di Palermo Marzia Sabella e dall’aggiunto Ignazio De Francisci. Il cognome Riina conta ancora molto: Gaetano avrebbe ereditato dal fratello Totò, in carcere dal 1993, una rete di relazioni e di complicità. Per questa ragione, Gaetano Riina è stato arrestato con l’accusa di associazione mafiosa ed estorsione.

Per quasi due anni gli investigatori dell’Arma l’hanno tenuto sotto controllo, grazie a microspie e a intercettazioni telefoniche. Gaetano Riina abitava a Mazara del Vallo, nel Trapanese, ma si spostava spesso a Corleone. Nella sua città d’origine seguiva passo passo le attività dei due nuovi reggenti: Giuseppe Grizzaffi, 33 anni, figlio di una sorella dei Riina, e il cognato Alessandro Correnti, 39 anni. Anche loro sono finiti in manette questa mattina, con l’accusa di associazione mafiosa. Una quarta ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata notificata a Giovanni Durante, che risponde solo di concorso nell’estorsione contestata a Gaetano Riina, ai danni di un imprenditore del settore ortofrutticolo.

Le indagini
I carabinieri della Compagnia di Corleone hanno seguito praticamente in diretta le ultime mosse di Cosa nostra. I summit, le estorsioni fra Corleone e Mazara del Vallo, e soprattutto la gestione dei proventi degli affari. Una parte dei soldi del pizzo e gli affitti di alcuni immobili intestati a prestanome sarebbero andati direttamente a Ninetta Bagarella, la moglie di Totò Riina. Ma è tempo di crisi per Cosa nostra, e la signora Riina si lamentava dell’esiguità della sua rendita, che serviva anche per le spese legali del marito.

A tenere la cassa erano Grizzaffi e Correnti, con la supervisione di Gaetano Riina. Anche se per eredità dinastica lo scettro del potere su Corleone sarebbe spettato solo a Grizzaffi, figlio dell’ex reggente, Giovanni, sposato con una delle sorelle Riina. Ma il giovane Giuseppe Grizzaffi veniva ritenuto inadeguato per il ruolo. Anche questo emerge dalle intercettazioni. Neanche i familiari gli perdonavano la sua passione eccessiva per l’alcol. E allora era stato affiancato da Correnti.

Intanto, Gaetano Riina continuava ad atteggiarsi a tranquillo pensionato di provincia. Ma ogni tanto partecipava anche a summit mafiosi. E dispensava i suoi consigli, soprattutto per organizzare sempre nuove estorsioni, soprattutto agli imprenditori che operavano nel settore degli appalti pubblici.

Ritratto di famiglia
Il 23 luglio 2008, il fratello di Riina indossò l’abito buono per partecipare alle nozze della figlia più piccola di Totò Riina, Lucia. Quel giorno, a Corleone, Gaetano Riina era sorridente più che mai. Accolse persino i giornalisti, scherzando: “E voi che ci fate qui?”. Era ormai diventato il portavoce ufficiale della famiglia.

Con tono più severo, nel ’93, aveva organizzato un’improvvisata conferenza stampa al palazzo di giustizia di Palermo: “I giornalisti e i pentiti rovinano la gente – aveva detto – . Guardate cosa hanno fatto ad Andreotti: era un uomo di Stato, era l’Italia, era tutto e lo hanno ridotto ad un niente. Voi scrivete, scrivete e nemmeno lo sapete il danno che fate”. Era tre mesi dopo l’arresto di Totò Riina.

Gaetano Riina non è mai finito in carcere, ma già nei primi anni Ottanta un giudice attento e intelligente gli aveva confiscato un immobile a Mazara del Vallo. Quel giudice era Alberto Giacomelli, fu ucciso quando era ormai in pensione, il 14 settembre 1988: i boss non avevano dimenticato che tre anni prima aveva fatto un affronto al capo di Cosa nostra, indagando sul fratello.

Dopo quell’inchiesta, Gaetano Riina è sempre vissuto nell’ombra. Ma la sua condotta apparentemente irreprensibile non gli ha evitato la sorveglianza speciale. Ufficialmente, era solo un agricoltore, ma si dava un gran da fare. Qualche anno fa, la procura regionale della Corte dei Conti scoprì che il fratello del capo dei capi era persino riuscito ad ottenere, dal 1997 al 2004, dei contributi comunitari in ambito agricolo, pur non avendo titolo per chiederli, in quanto sottoposto a misure di prevenzione. E lui fu costretto a restituire poco più di 25 mila euro.

Federalismo criminale
L’anno scorso, il nome di Gaetano Riina era emerso nell’ambito di un’indagine della Dia di Roma sugli affari di ‘ndrangheta e camorra a Fondi, dove opera uno dei maggiori poli agroalimentari d’Europa. Le intercettazioni documentarono accordi imprenditoriali tra diverse consorterie criminali: in provincia di Latina c’erano i Tripodo di Reggio Calabria, i Mallardo di Giugliano, i casalesi, e soprattutto alcuni mafiosi trapanesi. “Dall’indagine emergeva un rapporto fiduciarono fra questi siciliani e Gaetano Riina”, ha scritto Fabrizio Feo nel suo libro inchiesta (La mafia del camaleonte – Rubbettino editore) sull’ultimo grande latitante di Cosa nostra, il trapanese Matteo Messina Denaro. Nel libro viene raccontata la storia di quella indagine a Fondi, che alla luce degli arresti di oggi assume un importanza davvero particolare. Se lo chiedevano gli investigatori della Dia: “E’ solo una coincidenza che Gaetano Riina si sia trasferito da tempo da Corleone a Mazara, nella provincia dove il successore di Riina e Provenzano ha il fulcro del suo potere?”
I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE APICE
I Carabinieri del Gruppo di Monreale e del ROS, a conclusione di un’attività investigativa convenzionalmente denominata “APICE”, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo – Direzione Distrettuale Antimafia (Proc. Agg. Ignazio De FRANCISCI e Sost. Proc. Marzia SABELLA), hanno eseguito 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere (associazione di tipo mafioso ed estorsioni) nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti appartenere alla famiglia mafiosa di Corleone, emesse il 28 giugno dal Tribunale di Palermo – Sezione G.I.P. su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia.
L’attività investigativa, durata circa 3 anni, ha permesso di:
− menomare fortemente lo storico mandamento mafioso di Corleone;
− azzerare la capacità operativa della famiglia dei RIINA attraverso l’arresto di RIINA Gaetano, fratello del più noto Salvatore RIINA, capo di cosa nostra e dei suoi pronipoti GRIZZAFFI Giuseppe e CORRENTI Alessandro;
− acquisire alcuni elementi (al di là del singolo episodio estorsivo contestato con l’odierna ordinanza) sulla capillare attività estorsiva ai danni degli imprenditori presenti nel territorio di Corleone e Mazara del Vallo, dove il RIINA vive da tempo, effettuata allo scopo di finanziare le casse dell’organizzazione criminale e della famiglia di sangue.

2. GENESI DELL’INDAGINE
L’indagine, iniziata circa 3 anni fa, si proponeva lo scopo di delineare il nuovo assetto del mandamento mafioso di Corleone e delle storiche famiglie che avevano subito durissimi colpi con l’arresto dei capi storici e con il sequestro di numerosi beni, dopo l’operazione Perseo, sempre condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo. Le investigazioni da subito dimostravano la forte influenza di Gaetano RIINA il quale, benché residente da anni a Mazara del Vallo, aveva cominciato ad occuparsi degli affari della famiglia mafiosa corleonese. Ulteriori e preziosissimi elementi erano poi emersi all’indomani dell’omicidio di ROMEO Nicolò, avvenuto tra Corleone e San Cipirello l’11 gennaio 2010. ROMEO era titolare dell’impresa “Alizoo”, attiva nel campo dell’allevamento e macellazione bestiame e sottoposta a estorsione da parte della famiglia mafiosa di Corleone.

3. BREVE EXCURSUS STORICO DEL MANDAMENTO DI CORLEONE
Il mandamento mafioso di Corleone è sicuramente uno dei più importanti di tutta la storia di “cosa nostra”. I suoi esponenti per decenni infatti sono stati riconosciuti universalmente al vertice assoluto dell’organizzazione criminale. RIINA, PROVENZANO, BAGARELLA avevano infatti, sin dagli anni ’60 preso il predominio inizialmente di tutta la provincia di Palermo, scalzando di fatto le famiglie cittadine, e successivamente erano riusciti a rimanere al vertice della commissione regionale.
Nemmeno l’arresto del capo, Totò RIINA, avvenuto ormai quasi 20 anni fa, aveva deposto i corleonesi che con Leoluca BAGARELLA prima e soprattutto con Bernardo PROVENZANO dopo, avevano traghettato la mafia siciliana nel nuovo millennio. La cattura di quest’ultimo, avvenuta nell’aprile del 2006, e l’immensa mole di documentazione probatoria rinvenuta, sembrava aver dato il colpo mortale al clan dei corleonesi.
Ma sin dalla cattura di Bernardo PROVENZANO era risultato chiaro che costui si avvaleva di una serie di uomini d’onore che agivano indisturbati nella zona di Corleone, e costituivano gli ultimi anelli della catena in grado di condurre fino al latitante.
Dall’analisi dei pizzini sequestrati nel covo di Montagna dei Cavalli emergevano moltissimi spunti investigativi, poi confluiti in nuove indagini, dirette ad accertare i nuovi assetti di vertice dell’organizzazione mafiosa, ed i ridisegnati confini dei mandamenti, individuandone i nuovi capi.
Dopo l’operazione Perseo, le sorti del mandamento, ma soprattutto della famiglia RIINA/GRIZZAFFI, erano state curate da Gaetano RIINA che, forte della sua esperienza e del rapporto di parentela con il capo di cosa nostra, era la persona con il giusto carisma e ascendente per poter rappresentare degnamente Corleone nel rapporto molte volte complicato con gli altri mandamenti della provincia.

4. L’assenza dei capi storici del mandamento di Corleone, l’inesperienza dei giovani associati quali i nipoti di RIINA, GRIZZAFFI Giuseppe e CORRENTI Alessandro, avevano rischiato di offuscare la posizione dei corleonesi in seno a “Cosa Nostra”. I soldi delle estorsioni e delle messe a posto non arrivavano più con puntualità e molto spesso vi erano convergenze d’interessi di altre famiglie mafiose su territori di storica competenza di Corleone.
Nel corso dell’attività di indagine emergevano contatti tra alcuni familiari di Salvatore RIINA e l’azienda ALIZOO TORRE DEI FIORI s.r.l., produttrice di mangimi, pollame e uova, sita in un apice del territorio del Comune di Monreale, fra i Comuni di San Cipirello e Corleone il cui socio nonché fratello del titolare, ROMEO Nicolò, fu assassinato nel gennaio 2010.
In particolare, emergeva l’influenza che Gaetano RIINA riusciva ad esercitare nel territorio di Corleone, suo luogo di origine, ed in quello di Mazara del Vallo (TP), dove risiede oramai da molti anni, e dove, per quanto riferito da molti collaboratori di Giustizia, il fratello Salvatore aveva trascorso parte della sua latitanza. In tale località il RIINA Gaetano era entrato in contatto con le diramazioni locali di cosa nostra, svolgendo ruoli ed attività di tipico stampo mafioso, avvalendosi della collaborazione di uomini d’onore della zona tra i quali Giovanni DURANTE.
Inoltre, si acquisivano importanti elementi circa le attività mafiose dei pronipoti di Gaetano RIINA, GRIZZAFI Giuseppe e CORRENTI Alessandro.

5. REATI CONTESTATI
In particolare, l’indagine ha consentito di:
 acquisire concreti elementi di reità per associazione di tipo mafioso nei confronti di:
• RIINA Gaetano per avere fatto parte della famiglia mafiosa di Corleone (paese di origine dell’indagato), partecipando e presiedendo a riservati incontri aventi ad oggetto questioni di estrema rilevanza per l’organizzazione, fungendo da partavoce e consigliere di altri associati, controllando le attività economiche che si svolgevano sul territorio, intervenendo per la realizzazione di diverse estorsioni e distribuendo i proventi estorsivi ai suoi sodali, e per avere altresì apportato similari contributi alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo;
• di GRIZZAFFI Giuseppe e CORRENTI Alessandro (pronipoti di Totò RIINA), per avere fatto parte della famiglia mafiosa di Corleone partecipando a riunioni, contribuendo alla risoluzioni di controversie in ambito associativo e alle decisioni concernenti l’organigramma della consorteria corleonese, intervenendo nella pianificazione delle estorsioni e gestendo la cassa comune del sodalizio.
 rivelare un controllo capillare delle attività economiche nel territorio del mandamento di Corleone e in Mazara del Vallo sebbene, per il momento e per una precisa strategia della DDA, sia stato contestato formalmente solo un episodio estorsivo a RIINA Gaetano e DURANTE Giovanni (per avere costretto un commerciante, gestore di un’attività di rivendita all’ingrosso di frutta e verdura operante all’interno del mercato ortofrutticolo di Mazzara del Vallo, mediante minaccia consistita nel prospettargli gravi ritorsioni personali, a versare loro periodicamente somme di denaro).

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