MILAZZO RICORDA RITA ATRIA

“Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’e’ nel giro dei tuoi amici. La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”. Scriveva così Rita Atria, prima di scegliere di morire perché nessun più l’avrebbe protetta… Paolo Borsellino, il giudice cosa nostra l’aveva ucciso col tritolo e 7 giorni dopo la strage di via D’Amelio, Rita, diciassettenne si gettò da un balcone di via Amelia a Roma, era il 26 luglio 1992. Rita Atria era cresciuta in una famiglia di mafiosi, a Partanna nel trapanese, Ha solo 11 anni quando la mafia uccide il suo amato padre, ‘posato’ perche’ contrario al nuovo business dell’eroina. Il fratello maggiore, Nicola, lo vuole vendicare, ma verra’ ucciso nel 1991, nonostante i tentativi della giovane moglie, Piera Aiello, di fargli cambiare vita. Sara’ proprio lei, diventando collaboratrice di giustizia, l’esempio per Rita, che si dimostrera’ fonte preziosa per le indagini condotte dalla Procura di Marsala guidata da Paolo Borsellino. Lei rimane sola, allontanata dalla madre, dalla sorella e dal fidanzato. Si affida completamente a Paolo Borsellino con cui instaura un rapporto affettuosissimo, quasi filiale. Solo lui riesce a farla sentire protetta, anche quando, in seguito alle minacce subite a Partanna, viene trasferita a Roma sotto falso nome con l’amica e cognata Piera. Il 19 luglio 1992 il giudice viene ucciso. Una settimana dopo, Rita si suicida lanciandosi dal settimo piano. Lascia un bigliettino: “Adesso non c’e’ piu’ chi mi protegge, sono avvilita, non ce la faccio piu'”.
Ieri, la “picciridda” di Borsellino, è stata ricordata a Milazzo, nel messinese, dove ha sede la prima associazione antimafie che porta il suo nome. A celebrare la santa messa in suffragio delle vittime innocenti di Cosa Nostra, Don Luigi Ciotti.

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