MAFIA. IN MANETTE SETTE FIANCHEGGIATORI DEL BOSS MIMMO RACCUGLIA

La polizia di Palermo, coordinata dal Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine, ha eseguito, nelle province di Palermo e Trapani, 7 ordinanze di custodia cautelare in carcere, nei confronti di altrettanti indagati, uno dei quali detenuto, ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso. Gli uomini arrestati stamattina, che secondo la Procura avrebbero favorito la latitanza del boss di Altofonte Mimmo Raccuglia, arrestato lo scorso 15 novembre a Calatafimi sono Mario Salvatore Tafuri, 47 anni, di Altofonte, fioglio del boss Ignazio, imprenditore edile e gestore di un’azienda di calcestruzzo, la “Comedisi”; Giuseppe Campanella, 55 anni, di Salaparuta (Trapani), impiegato comunale; Giacomo Bentivegna, 61 anni, mafioso del Altofonte e operaio nella ditta di Tafuri; Girolamo Liotta, 41 anni, incensurato di Camporeale (Palermo); Marco Lipari, 33 anni, di Camporeale, impiegato nella guardia medicia del paese; Nino Sciortino, 38 anni, di Camporeale, allevatore di bestiame; Benedetto Calamusa, 45 anni, gia’ detenuto, di Calatafimi. L’operazione segna l’epilogo delle indagini che, lo scorso 15 novembre, a Calatafimi (Trapani), avevano consentito di catturare il boss Domenico Raccuglia, storico alleato dell’ala “stragista” della “mafia” corleonese che, fino al suo arresto, aveva esteso la propria egemonia da San Giuseppe Jato a Partinico, nel palermitano. I destinatari dei provvedimenti restrittivi, in particolare, sono coloro che, per diversi anni, hanno provveduto non solo alle esigenze logistiche strettamente connesse al mantenimento dello stato di latitanza del menzionato “padrino”, reperendo, tra le altre cose, abitazioni, casolari, ingenti somme di denaro ed armi, ma hanno anche veicolato la corrispondenza dello stesso verso i familiari e le altre articolazioni di “cosa nostra”, tramite un complesso sistema di “scambio di pizzini” che aveva cadenza periodica. E’ ancora una volta la rete dei pizzini la chiave per la cattura di un boss latitante. Una circostanza confermata nell’ultima indagine della Mobile di Palermo e dello Sco che, il 13 novembre scorso misero fine alla lunga latitanza del capomafia di Altofonte Mimmo Raccuglia. A distanza di 6 mesi dall’arresto di uno dei superstiti dell’ala stragista di Cosa nostra la polizia ha notificato 7 ordinanze di custodia cautelare in carcere ai ”postini del boss”. La ricostruzione della rete dei pizzini, come ha spiegato durante la conferenza stampa in cui e’ stata illustrata l’operazione il capo della Mobile Maurizio Calvino, e’ partita da un personaggio chiave dell’inchiesta: l’imprenditore di Altofonte Mario Tafuri, titolare della ditta Com Edil, figlio di un capomafia della zona. Anche grazie alle indicazioni di alcuni pentiti gli investigatori hanno ritenuto che potesse avere contatti con Raccuglia. Seguendolo, intercettandolo e tenendolo costantemente sotto controllo gli agenti ne hanno individuato chiaramente il ruolo e i complici nello smistamento dei bigliettini indirizzati e provenienti da Raccuglia. Da Tafuri, in un complicato e cauto sistema organizzativo, i biglietti passavano a Giuseppe Campanella, dipendente del comune di Salaparuta, anche lui arrestato. I sacchi con la corrispondenza facevano su e giu’ lungo la strada Palermo-Sciacca passando nelle mani di altri personaggi come Girolamo Liotta e giungevano, dopo un lunghissimo giro, a Raccuglia. ”I sette arrestati – ha detto il questore di Palermo Alessandro Marangoni – hanno in questo modo assicurato la sopravvivenza di un latitante pericolosissimo”.

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