MAFIA, CAMORRA E NARCOS. 67 ARRESTI. IN MANETTE ANCHE PERSONE DI SAN CIPIRELLO E ALCAMO

Tra le 67 persone coinvolte nell’ambito dell’operazione antidroga Triade sono finiti in manette anche Giusy Stella, 21 anni di San Cipirello e Gianfranco Cacioppo, 39 anni, di Alcamo. Oltre 400 i carabinieri del Comando provinciale di Palermo – con l’aiuto delle unità cinofile e di militari del 12° Battaglione “Sicilia” e l’appoggio di un velivolo del 9° Nucleo Elicotteri – che sono stati impegnati nella vasta operazione che ha sgominato un’associazione a delinquere, costituita da tre gruppi criminali, finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione, denominata “Triade”, è l’epilogo di una complessa attività investigativa sviluppata tra il 2008 ed il 2009. Il provvedimento e’ stato firmato dal gip Silvana Saguto su richiesta della Dda. Le indagini hanno interessato una vasta area della provincia di Palermo e hanno fatto emergere i contatti tra le bande ed ambienti della camorra napoletana e narcos spagnoli. Dietro il traffico anche Cosa nostra con cui il capo di una delle organizzazioni scoperte aveva stretti legami. L’inchiesta, che ha potuto contare anche sull’apporto di pentiti di mafia, Andrea Bonaccorso e Angelo Casano, ha preso il via dall’arresto di un pusher finito in manette a Bagheria nel 2008, Vittorio Sancilles, trovato in possesso di 400 grammi di cocaina purissima. I carabinieri hanno ricostruito i contatti e i movimenti dello spacciatore scoprendo tre gruppi criminali che trafficavano in droga. Le indagini hanno evidenziato l’esistenza di una vera e propria associazione che assicurava il sostegno economico alle famiglie dei soggetti di volta in volta arrestati in flagranza, l’esecuzione di rapine a commercianti locali e istituti di credito per procurare le somme necessarie all’acquisto dello stupefacente e l’attività di reclutamento dei pusher tra gli adolescenti assuntori, alcuni dei quali minorenni. Uno dei gruppi era guidato dallo stesso Sancilles, con i figli Paolo, Gregorio e Antonino, e la moglie Giuseppa Romano, che si rifornivano di droga da Vincenzo Militello e Antonino Mannino. Dopo l’arresto di Vittorio Sancilles, Mannino ne aveva acquisito il telefono cellulare per gestire il suo ‘portafoglio clienti’. Militello e Mannino erano entrambi inseriti, secondo la polizia, nel secondo gruppo, capeggiato da Vincenzo Inzerra, che gestiva l’acquisto di grosse partite di stupefacenti. Quest’associazione usava come base l’autolavaggio di un altro indagato, Giovanni Montaperto, a Villabate. La terza associazione criminale aveva al vertice DomenicoTargia, sua moglie Olga Di Maria e la cognata Giusi Stella di San Cipirello, e controllava una rete di ‘pusher’. La dimensione del volume di droga trafficata emerge dalle dichiarazioni di Bonaccorso, il quale ha riferito tra l’altro di un carico da 500 chili di hashish che i suoi complici Fabio Lo Nigro, Tonino Lo Nigro, il fratello e Piero Tagliavia sarebbero andati a prelevare in Spagna. E Bonaccorso ha parlato anche del coinvolgimento di mafiosi: “Trecento chili di questo hashish -ha affermato il collaboratore- è stato dato a Stefano e Michele Marino che allora erano affiliati uno alla famiglia di Roccella ed uno alla famiglia di Brancaccio.
Anche dall’altro pentito, Angelo Casano, sono venute conferme sulla consistenza del giro d’affari. Il pentito parla di un altro trafficante di droga, Fabio Cucina, da lui conosciuto tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003, quando “Cucina -ha raccontato Casano-lavorava all’epoca presso il canile comunale di corso dei Mille. Da lui mi fornivo di ‘fumo’ con regolarità. Compravo la droga dal Cucina in quantità di circa 10-15 chili per ogni fornitura, al ritmo di una ogni 1-2 settimane. Pagavo di piu’ rispetto a prima, e cioè 1.800.000 lire al chilo. Dopo l’entrata dell’euro i prezzi raddoppiarono e si passò a circa 2.000 euro al chilo”. Originale il linguaggio cifrato che gli indagati usavano per indicare la droga: si parla, nelle intercettazioni, di “ore” e “minuti”, ma anche di “panettone” e di “bomba di Maradona”. Per i loro incontri, trafficanti e spacciatori usavano come punto di riferimento diversi bar a Palermo e in provincia. Spesso, invece del pagamento in contanti, quando gli acquirenti non avevano liquidità, gli spacciatori prendevano in pegno vari oggetti dei loro clienti. In altri casi, venivano affidate a uno degli arrestati operazioni di ‘recupero crediti’. Nell’indagine sono coinvolti anche alcuni consumatori di droga trasformatisi in ‘pusher’ al servizio dell’organizzazione. Oltre che i tossicodipendenti, per lo spaccio venivano reclutati anche minorenni. Due di loro figurano tra i destinatari del provvedimento cautelare. Tra gli indagati, figurano anche due ‘assaggiatori’ incaricati di controllare la qualita’ degli stupefacenti che venivano acquistati dall’organizzazione, e in particolare da Targia. Ai due, Franco Barranco e Giuseppe Amato, nelle i intercettazioni Targia chiede di venire a provare un “motore”.

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