Trappeto, tornano in libertà due indagati partinicesi.

Revocati i domiciliari a Giacomo Vitale e Rosa Inverga che tornano liberi ma sono stati sottoposti all’obbligo di dimora a Partinico.
Cosi come scrive il quotidiano Giornale di Sicilia, “il tribunale del riesame rivede le misure cautelari disposte dal gip Walter Turturici, lo scorso 5 settembre per sette partinicesi accusati della brutale aggressione avvenuta a Ferragosto a Trappeto ai danni di sei giovani migranti, ospitati dalla comunità “Mediterraneo” di Partinico.
I giudici hanno,infatti, accolto parzialmente le istanze dell’avvocato Massimiliano Russo che difende tutti gli indagati, nello specifico Giacomo Vitale e Rosa Inverga.
A Roberto Vitale, Salvatore Vitale e a Emanuele Spitaleri che erano finiti in carcere, il tribunale ha concesso adesso gli arresti domiciliari. Confermato invece il carcere per Antonino Rossello, che secondo l’accusa avrebbe pure violato la misura di sorveglianza alla quale era sottoposto, così come sono stati confermati gli arresti domiciliari per Valentina Mattina.
Gli indagati rispondono a vario titolo di lesione, violenza privata e minaccia, aggravate dall’odio etnico e razziale.
Le motivazioni della decisione saranno depositate entro 45 giorni, ma ha retto quasi certamente l’aggravante contestata dal procuratore aggiunto Marzia Sabella. In caso contrario,sarebbero stati liberati tutti gli indagati. La versione fornita dagli arrestati durante l’interrogatorio di garanzia diverge da quella sostenuta dai pm, tutti hanno negato di aver agito per odio razziale e hanno spiegato di non aver nulla contro gli stranieri. Secondo il loro racconto, tutto sarebbe partito da un diverbio con Roberto Vitale. Questi ha ammesso che quella sera, dopo aver bevuto qualche birra, si sarebbe recato verso la spiaggia della Ciammarita per tentare di ritrovare la cover di un cellulare con 90 euro, perso poco prima dalla figlia. Mentre era lì, dichiara Vitale,i giovani migranti l’avrebbero guardato e gli avrebbero riso in faccia, cosi il giovane soprannominato “Spaventa” avrebbe chiesto loro cosa avessero da ridere, da lì si sarebbe rapidamente passati alle mani. Riferisce il partinicese di averle prese pesantemente e per questo motivo sarebbe poi scattata la spedizione punitiva con spranghe, insulti e minacce di morte, da parte sua e dei suoi parenti. Gli indagati sostengono che se la questione fosse nata con altri palermitani avrebbero avuto la stessa reazione, il punto non sarebbe stato il colore della pelle ma l’affronto e il desiderio di vendetta.

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