Tratta di esseri umani a Palermo, fermate quattro persone dalle fiamme gialle (Video)

 Salivano sui barconi dopo aver subito macabri riti vodoo per promettere di  restituire i 30 mila euro impiegati da una gang per il viaggio della speranza. Giovani nigeriane che contavano di farlo con il loro nuovo lavoro, probabilmente ignare di trovarsi alla fine costrette a prostituirsi sui marciapiedi del Foro Italico, alla Favorita e in corso Tukory, a Palermo. Almeno 15 le giovani donne trovate a vendere il proprio corpo dagli uomini del Gico delle fiamme gialle. Con loro c’era anche la maman che si prostituiva a sua volta per controllare meglio incassi ed appuntamenti. Gli investigatori del Gico del nucleo di polizia economico-finanziaria, coordinati dal colonnello Cosmo Virgilio e dal tenente colonnello Marco Sorrentino, questa mattina hanno eseguito un fermo di indiziato di delitto per quattro persone,  tutte accusate di appartenere a un’associazione per delinquere transnazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, alla tratta di esseri umani e allo sfruttamento della prostituzione. Le indagini hanno anche consentito di far luce sul sistema di trasferimento di denaro contante all’estero, “Euro to Euro”, utilizzato dalla banda per il trasferimento dei guadagni sporchi grazie alla complicità di altri due cittadini nigeriani residenti a Palermo, denunciati a piede libero.  Il capo dell’associazione è una donna nigeriana, T.E  35 anni, residente a Palermo. Era lei, la maman a provvedere ad avviare alla prostituzione  le giovani migranti, costantemente minacciate di venire accusate al santuario per terrorizzarle delle conseguenze dei riti vodoo.  La maman contava sull’aiuto di due alleati residenti in Campania e in Lombardia: G.P. di 26 anni e G.S e si avvaleva della collaborazione di un 78enne italiano, G.M, il quale con la propria autovettura accompagnava le ragazze sulle strade e  segnalava alla “responsabile” l’eventuale intervento delle forze dell’ordine. Le indagini cominciate circa un anno e mezzo fa sono  coordinate dalla Dda della procura che ha accertato un sistema che andrebbe avanti da anni. I rituali magici venivano eseguiti in alcuni santuari o templi nel loro paese di origine.  Le donne venivano, poi, trasferite in Libia, dove erano costrette a rimanere per settimane in strutture di detenzione nella disponibilità dell’associazione criminale. Infine venivano imbarcate per il viaggio verso l’Italia.  Appena arrivate  e accompagnate nei centri di prima accoglienza in Sicilia, venivano avviate alla prostituzione. Scattava così l’obbligo di riscattare progressivamente la somma concordata per riottenere la libertà ed evitare conseguenze per loro e i propri familiari in Nigeria. Estinto il debito, molte ragazze hanno continuato a battere sui marciapiedi, altre sono andate via. 
  

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