San Cipirello, l’ex sindaco Geluso: scioglimento vergognoso, per noi la mafia è una merda”.

“Lo scioglimento per presunte infiltrazioni mafiose delle cariche elettive del comune di San Cipirello è stato ingiusto, infondato e inopportuno. La mafia è un mucchio di merda sempre e lo è chiunque ci fa affari. Non è lo slogan di chi con l’antimafia riempie bocca e tasche, é un principio che applichiamo al nostro modo di vivere”. Sono alcuni stralci di una lettera aperta che l’ex sindaco di San Cipirello, Vincenzo Geluso, ha pubblicato su Facebook, dopo la decisione del Tar del Lazio di rinviare a maggio il giudizio di merito sul suo ricorso presentato ad altri esponenti della propria maggioranza,  contro il provvedimento del Consiglio dei Ministri a cui ha avanzato richiesta di fornire gli atti del procedimento con gli Omissis in chiaro, per garantire il “giusto contraddittorio ed il diritto di difesa dei ricorrenti e, ai giudici amministrativi la possibilità di emettere serenamente una sentenza definitiva, attesa la delicatezza delle questioni di rilevanza pubblica”. Geluso, nello sfogo sui social, sostiene che il decreto di scioglimento è “basato su un vergognoso ed indecoroso cortile di strada, alimentato da un attacco mediatico e di carta straccia, oltre che da una subdola e quanto vile attività informativa posta da mano anonima e menti corrotte assetate di invidia e vendetta”. L’ex primo cittadino di San Cipirello scrive inoltre che “non è per nulla facile affrontare un giudizio di tale portata, doversi difendere da innocenti, impiegare ore ed ore su carte avvolte indecifrabili e illegibili, sopportare le spese del giudizio, atteso che da amministratori ci eravamo ridotti le indennità a cifre irrisorie e ridicole per il bene della nostra comunità”. Vincenzo Geluso aggiunge di avere affrontato questi mesi grazie alla vicinanza dei propri cari, dei colleghi amministratori e all’affetto dei sancipirellesi”  i quali, gli hanno dato la lucidità per scrollarsi di dosso la montagna di fango che gli è caduta addosso, “al solo scopo – scrive – di screditare me e chi come me ama questo paese e le poche distinguibili risorse che identificano la valle del Belice in maniera disinteressata rispetto a chi ne ha fatto mangiatoie a vari livelli”.  Geluso conclude la sua lettera aperta evidenziando di volersi riprendere, insieme agli altri ricorrenti  Claudio Russo, Giovanni Randazzo, Vincenzo Randazzo, Giuseppe Clesi, Lo Piccolo Maria Grazia, Rizzuto Piera e Nicola Di Lorenzo,  la propria dignità, poiché “persone oneste” che “combattono la mafia con il duro lavoro quotidiano e che amano il proprio paese”.

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