Mafia, la Cassazione dice no ai domiciliari per Giovanni Brusca, resta in carcere

Negati gli arresti domiciliari al boss di San Giuseppe Jato Giovanni Brusca; in carcere da 23 anni per la strage di Capaci ed altri crimini, dovrà continuare a scontare la sua pena nel carcere di Rebibbia dove è già recluso, nonostante nel tempo sia divenuto collaboratore di Giustizia. La decisione è della prima sezione penale della Corte di Cassazione, dopo che la Procura nella sua requisitoria aveva chiesto di negare i domiciliari chiesti da Brusca. Anche Maria Falcone che da anni custodisce la memoria del fratello Giovanni, ucciso nel 1992 dal tritolo di Cosa Nostra insieme alla moglie Francesca Morvillo e agli uomini della scorta Rocco Di Cillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro, e’ contraria ad altri benefici per lo stragista che da anni cerca di uscire dalle mura carcerarie  e scontare le pene inflittegli anche per avere sciolto nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo,  in una localita’ protetta dal Servizio centrale di protezione della polizia. “Brusca terminera’ di scontare la pena in carcere nel 2022 se la Cassazione non aprira’ ai domiciliari, ma potrebbe tornare libero alla fine del 2021 perche’ ha uno ‘sconto’ di 270 giorni come previsto dal regolamento carcerario”, aveva spiegato l’avvocatessa Antonella Cassandro che ha firmato il ricorso all’Alta corte. “Nel parere negativo ai domiciliari, il Pg della Cassazione – ha reso noto Cassandro – ha condiviso il Tribunale di sorveglianza che ritiene che Brusca non si e’ ravveduto a sufficienza”. Invece Brusca, ritiene Cassandro, “non rifarebbe quello che ha fatto” e “ha dimostrato ravvedimento, come sostengono il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, la direzione del carcere di Rebibbia e le autorita’ di pubblica sicurezza di Palermo”. Per il legale comunque e’ “umanamente comprensibile” la posizione di contrarieta’ al beneficio espressa dai familiari delle vittime di Brusca.”Fermo restando l’assoluto rispetto per le decisioni che prendera’ la Cassazione, ricordo che i magistrati si sono gia’ pronunciati negativamente due volte sui domiciliari”, aveva sottolineato Maria Falcone. “Il Tribunale di sorveglianza – rileva la sorella del magistrato – ha scritto che non si ravvisa in Brusca ‘un mutamento profondo e sensibile tale da indurre un diverso modo di sentire e agire in armonia con i principi accolti dal consorzio civile'”. Brusca, per effetto delle norme sulla collaborazione, “oltre ad evitare l’ergastolo per le decine di omicidi commessi, ha usufruito di 80 permessi: la sua spietatezza e il controverso percorso nel collaborare – conclude Maria Falcone – lo rendono un personaggio ancora ambiguo e non meritevole di ulteriori benefici. Dopo la notizia arrivata nella tarda serata di ieri, Maria Falcone ha aggiunto: “Con la sua decisione la Cassazione ha dato una risposta alla richiesta di giustizia dei tanti cittadini che continuano a vedere nella mafia uno dei peggiori nemici del nostro Paese”. 

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