Alcamo, finanziò latitanza di Messina Denaro: 9 anni a Vito Nicastri

L’imprenditore trapanese Vito Nicastri è stato condannato dal Gup, in abbreviato, per concorso esterno in associazione mafiosa, a nove anni di carcere. Nicastri, soprannominato il “re dell’eolico” per i suoi ingenti investimenti nelle energie rinnovabili, secondo l’accusa sarebbe stato tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Il nome di Nicastri è emerso nei mesi scorsi nell’ambito di una inchiesta che ha coinvolto il suo socio, il faccendiere ex consulente della Lega, Francesco Paolo Arata, indagato per corruzione. L’indagine, coordinata dalla Dda di Palermo, ha svelato un giro di mazzette alla Regione siciliana finalizzate ad agevolazioni nelle pratiche relative agli investimenti nelle energie rinnovabili. Nell’ambito dell’inchiesta è emersa anche una presunta tangente che Arata avrebbe pagato all’ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri per la presentazione di un emendamento favorevole alle imprese che si occupano di energie alternative. Questo troncone dell’indagine è stato trasmesso a Roma. Nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa, celebrato parallelamente all’inchiesta per corruzione, erano imputati anche il fratello di Nicastri, Roberto, condannato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa, Leone Melchiorre, condannato a 9 anni e 4 mesi per associazione mafiosa, Girolamo Scandariato, che ha avuto sei anni e otto mesi per favoreggiamento ed estorsione. Assolti Giuseppe Belletti, accusato di associazione mafiosa, e i fratelli Tommaso, Virgilio e Antonio Asaro che rispondevano di favoreggiamento. Il processo è stato istruito dal Procuratore aggiunto Paolo Guido e dal Pm Gianluca De Leo. “Il caso Nicastri – dichiara il deputato regionale del Movimento 5 Stelle Antonio De Luca – ci ricorda che tra i nostri doveri di politici, in quanto rappresentanti delle istituzioni ed eletti dai cittadini, c’è quello di tenere alta l’attenzione in quei contesti in cui riteniamo possa annidarsi il tarlo dell’illegalità. Su Nicastri e sull’eolico avevamo visto giusto. Il pensiero va in questo momento a un altro grande versante, quello delle bonifiche ambientali da 64 milioni di euro che la Sicilia ancora attende. Secondo recenti notizie di stampa, negli uffici degli assessorati regionali si sarebbero smarriti i progetti. Uno spunto su cui tenere altissima l’attenzione, perché anche dietro ‘carte che si smarriscono’ si potrebbero nascondere operazioni dalla dubbia trasparenza o che in qualche modo rischiano di sfuggire al controllo. Stiamo seguendo il caso insieme ai colleghi Giampiero Trizzino, Giorgio Pasqua e Valentina Zafarana e chiediamo ogni vigilanza possibile da parte degli enti competenti”. 

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