Carini, operazione antimafia della Polizia: in manette anche il boss Di Maggio


Fino a tre anni fa, era il 65enne Antonino Di Maggio il nuovo boss a capo della famiglia mafiosa di Carini. Ma la sua ascesa ai vertici di Cosa Nostra venne interrotta nel novembre del 2016 dall’accusa
 di aver partecipato al duplice omicidio di Giuseppe Mazzamuto e Antonino Failla, Un dettaglio rilevante, emerso dall’inchiesta che stanotte ha portato al blitz condotto dagli uomini della squadra mobile di Palermo diretti da Rodolfo Ruperti per disarticolare il clan. Nove le ordinanze di custodia cautelare emesse dal giudice delle indagini preliminari su richiesta del pool antimafia coordinato dal procuratore Franceco Lo Voi e dall’aggiunto Salvatore De Luca. Insieme a Di Maggio, raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere,  in manette sono finiti vecchi e nuovi volti delle famiglie mafiose, i cui nomi sono  emersi nelle parole degli ultimi collaboratori di giustizia, ma anche in una lunga serie di intercettazioni disposte dai pm Amelia Luise, Annamaria Picozzi e Roberto Tartaglia. Le porte del carcere si sono aperte pure per Vincenzo Passafiume 69 anni, Salvatore Amato 58 anni, Fabio e Giuseppe Daricca, rispettivamente di 42 e 29 anni,  Antonino Vaccarella 36 anni, Salvatore Lo Bianco 25 anni e Giuseppe Patti 37 anni. Tutti dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa e detenzione di sostanze stupefacenti ai fini dello spaccio. Ordinanza di custodia cautelare anche per l’insospettabile titolare di un’agenzia di pompe funebri di Carini scoperto a gestire un traffico internazionale di stupefacenti con i narcos colombiani, Alessandro Bono, 40 anni, già detenuto. E proprio nell’inchiesta che tre anni fa portò all’arresto di Bono che per la prima volta emerse il nome di Antonino Di Maggio. Già allora, Alessandro Bono era in affari con il clan, con cui progettava di fare arrivare un veliero carico di cocaina sulle coste siciliane. Le indagini hanno anche permesso di evidenziare come gli uomini della famiglia di Carini controllassero in modo capillare il territorio di riferimento, con la sistematica sottoposizione ad estorsione di commercianti e imprenditori. Questi, ancora prima di intraprendere qualsiasi attività, dovevano ottenere una sorta di autorizzazione preventiva da parte della famiglia mafiosa.  Il provvedimento di custodia cautelare giunge al termine di un’attività d’indagine della Squadra Mobile di Palermo   che si è avvalsa, tra l’altro, delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Gaspare Pulizzi, Francesco Briguglio e Antonino Pipitone.  Individuati in Vincenzo Passafiume e Salvatore Amato i più stretti collaboratori di Antonino Di Maggio. Gli stessi erano incaricati   della gestione delle attività estorsive, mentre Fabio Daricca è ritenuto  affiliato a totale disposizione del capofamiglia e collettore, tra la famiglia mafiosa ed un sodalizio criminale dedito al traffico di sostanze stupefacenti. In particolare, Vincenzo Passafiume  era un uomo di assoluta fiducia del capoclan Antonino Di Maggio, tanto da gestire, insieme a Salvatore Amato, una intrigata vicenda relativa alla compravendita di un terreno in contrada delle “delle monache” ubicato a Villagrazia di Carini del valore di 500/600 mila euro. L’affare vedeva coinvolto proprio il boss Di Maggio come percettore finale di ingenti somme di denaro. Le indagini, inoltre, hanno evidenziato come gli uomini di Di Maggio controllassero in modo capillare il territorio di riferimento, con la sistematica sottoposizione ad estorsione degli operatori economici della zona.   I fratelli Fabio e Giuseppe Daricca, Alessandro, Bono, Antonino Vaccarella, Salvatore Lo Bianco e Giuseppe Patti, rispondono pure  di traffico di sostanze stupefacenti, in particolare di cocaina. Nel corso delle indagini, presso un immobile abbandonato a Villagrazia di Carini, base operativa del sodalizio criminoso, sono state sequestrate alcune partite di droga e le attrezzature necessarie per pesare e confezionare la sostanza. Sono stati, inoltre, individuati in Alessandro Bono e in Fabio Daricca, quest’ultimo già condannato nel processo Addio Pizzo, i vertici dell’organizzazione dedita allo spaccio di droga. Carini resta un crocevia della droga, questo dicono le indagini della sezione Criminalità organizzata dellla Mobile, diretta da Gianfranco Minissale. L’anno scorso, gli investigatori bloccarono un maxi carico di hashish proprio in quel territorio, nella zona industriale. Su un autoarticolato guidato da un napoletano furono sequestrati dieci chili di cocaina. A fare da staffetta al camion, i titolari di una calcestruzzi, che nascondevano nella loro villa un carico ancora più grande, 1.470 chili di hashish, sistemati in 49 confezioni da 30 chili ciascuno. Il più grande sequestro di hashish dagli anni Ottanta, la droga avrebbe fruttato otto milioni di euro. E un altro milione e mezzo sarebbe arrivato dalla cocaina. Affari tutti gestiti dalla cosca mafiosa.

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