Mafia, ricostruito il ruolo degli arrestati nell’omicidio di Giampiero Tocco

17 anni dopo la scomparsa con il metodo della lupara bianca del terrasinese Giampiero Tocco, i sostituti procuratori Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi e Amelia Luise, coordinati dal Procuratore Francesco Lo Voi, sono riusciti a far luce sul suo delitto, assicurando alla giustizia i presunti autori.
Si tratta del carinese Ferdinando Gallina, 40 anni, fermato negli Stati Uniti dall’Fbi per immigrazione clandestina, raggiunto a New York lo scorso mese di marzo da un provvedimento di fermo per altri due omicidi e per il quale è già scattato il provvedimento di espulsione verso l’Italia. E ancora il carinese Giovanbattista Pipitone, 68 anni e il torrettese Vincenzo Pipitone di 61 anni, entrambi in galera da diverso tempo e, il palermitano Salvatore Gregoli di 59 anni che adesso è tornato in carcere dopo essere già stato condannato quale affiliato alla famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù.

Già nel 2008 Pulizzi aveva fatto il nome di Gregoli, ma le sue dichiarazioni da sole non erano bastate per incriminarlo.

Il Gip Fabrizio La Cascia ha firmato nei loro confronti le ordinanze di custodia cautelare eseguite dai carabinieri del nucleo investigativo di Palermo.
Per l’omicidio di Giampiero Tocco che, a Terrasini aveva una macelleria, sono già stati condannati all’ergastolo Salvatore e Sandro Lo Piccolo, e Damiano Mazzola. Pene inferiori per i collaboratori di giustizia Gaspare Pulizzi e Francesco Briguglio.

Per la conclusione delle indagini, determinanti sono state le dichiarazioni dell’ultimo pentito di mafia, Nino Pipitone, le cui rivelazioni sono perfettamente combaciate con il racconto reso dalla figlia di Giampiero Tocco che, all’epoca dei fatti era solo una bambina di 7 anni.
La sera del 26 ottobre del 2000, intorno alle 20,30, la piccola era a bordo della Opel Frontera guidata dal padre che, era passato a prenderla dalla scuola di danza, quando, durante il tragitto, in Via Papa Giovanni XXIII°, si sarebbero trovati di fronte un posto di blocco.
Un uomo che indossava una pettorina con la scritta polizia, alzò una paletta e disse, a Giampiero Tocco, “deve venire con noi”. Il padre che, probabilmente capì l’agguato, gli chiese solo di non fare del male alla bambina e di essere pronto a seguirli. Questo raccontò la piccola, circa mezz’ora dopo, ai carabinieri della stazione di Terrasini, a cui fece pure un disegno della scena, ritraendo la presenza di 4 uomini. Uomini che, come si è scoperto, non erano poliziotti, ma killer della mafia assoldati per prelevare Giampiero Tocco, quest’ultimo sospettato di avere avuto un ruolo nell’omicidio di Giuseppe Di Maggio, figlio del boss di Cinisi Procopio. Un delitto che il boss Salvatore Lo Piccolo considerava una sorta di attacco al suo dominio criminale.
Il tutto venne registrato dalle microspie che gli investigatori avevano installato nel fuoristrada di Tocco, sospettato anche dalle forze dell’ordine, non solo dalla mafia, di avere avuto un ruolo nell’omicidio del figlio dello storico boss di Cinisi alleato di Totò Riina.
Sarebbe stato Gregoli ad avvicinarsi alla macchina, mentre a pochi metri di distanza, a bordo di un’altra auto e armati di mitraglietta, avevano assistito Damiano Mazzola e Salvatore Lo Piccolo.
Il neo pentito di Carini Nino Pipitone, figlio dello storico boss locale, ha rivelato ai magistrati che Tocco, prima di essere ucciso, fu condotto in una casa di Torretta dove venne interrogato dal boss Salvatore Lo Piccolo, che insisteva per sapere chi avesse organizzato il delitto del figlio di Procopio Di Maggio. Tocco rispose che l’ordine era venuto da “qualcuno molto in alto”; affermazione che avrebbe fatto adirare Lo Piccolo il quale gli avrebbe urlato contro di essere lui stesso “l’alto”. Così, Giampiero Tocco venne prima strangolato e poi sciolto nell’acido. Il collaboratore di giustizia ha consentito all’arma dei carabinieri di ricostruire il delitto. Determinando i ruoli ricoperti nell’agguato, dagli attuali destinatari del provvedimento restrittivo. Antonino Pipitone e Salvatore Gregoli, avrebbero inscenato il finto posto di controllo della polizia, indossando delle apposite pettorine ed utilizzando un’autovettura con lampeggiante per fermare il fuoristrada su cui viaggiava Giampiero Tocco con la figlia, sequestrarlo e condurlo in un’abitazione di Torretta. Tutto ciò con l’ausilio di Ferdinando Gallina, Gaspare Pulizzi, Damiano Mazzola, Salvatore e Sandro Lo Piccolo che avrebbero funto da staffetta. Giovanattista e Vincenzo Pipitone, invece, assieme a Salvatore e Sandro Lo Piccolo, avrebbero proceduto all’interrogatorio e allo strangolamento della vittima. Ferdinando Gallina, detto Freddy e, Gaspare Pulizzi, nei giorni precedenti al rapimento, avrebbero effettuato i preliminari sopralluoghi lungo l’itinerario percorso dalla vittima, partecipando poi alla staffetta di supporto ai finti poliziotti. Sempre Freddy Gallina e Pulizzi avrebbero caricato, dopo il suo strangolamento, il cadavere di Giampiero Tocco, all’interno di un’auto, trasportandolo in Contrada Dominici nel territorio di Torretta, dove sarebbe stato sciolto nell’acido alla presenza di Angelo Conigliaro, nel frattempo deceduto e, di Vincenzo, Giovanbatttista e Antonino Pipitone.
MAFIA
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