Carini. Anziana condannata per abusivismo, casa demolita

Quell’edificio in cemento armato a due elevazioni fuori terra, di una superficie complessiva di oltre 155 metri quadrati realizzata abusivamente quattro giorni fa, in contrada Fiume Falco a Carini, da una donna del luogo finita sotto processo, adesso dovrà essere demolito. La disposizione è della terza sezione penale del tribunale di Palermo, che assodata la responsabilità dell’imputata per abusivismo, M.C., oggi 72enne, in ordine al reato ascrittogli, ha emesso la sentenza di condanna nei confronti della stessa, nella qualità di proprietaria e committente dei lavori. In particolare, il giudice nel suo pronunciamento, oltre ad ordinare la demolizione delle opere abusive in questione e il ripristino dello stato dei luoghi (a spese dell’imputata), ha anche condannato la stessa imputata a sei mesi di arresto e a 12 mila euro di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, con il beneficio della sospensione della pena (essendo incensurata) subordinatamente alla eliminazione delle opere abusive realizzate. La vicenda risale al 12 settembre 2011, quando la polizia municipale di Carini scoprì la costruzione abusiva, trovando sul luogo al momento dell’intervento proprio l’imputata, risultata proprietaria e committente dei lavori. Da ciò l’avvio delle indagini ed il conseguente impianto del procedimento giudiziario nei confronti dell’anziana. La donna era accusata di aver realizzato un manufatto in cemento armato, a due elevazioni fuori terra, di oltre 114 metri quadrati al piano terra, e di circa 40,50 mq al primo piano, senza essere in possesso del prescritto permesso a costruire da parte del Comune ed omettendo di dare i prescritti preavvisi al sindaco della città e al Genio Civile, e dunque, senza la preventiva autorizzazione del competente ufficio dello stesso Ente. Inoltre, le opere (solo parzialmente ultimate), comportanti una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, e pertanto assoggettate all’obbligatorio permesso a costruire, erano state eseguite in assenza di un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato e iscritto all’albo e per di più erano state realizzate in una zona dichiarata a rischio sismico. Da ciò, l’impianto del processo, conclusosi con un verdetto di condanna. La sentenza  è stata appellata dalla difesa.

foto repertorio

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