Mafia, la Dia sequestra beni per trenta milioni a Giovanni Pilo (Video)

Sequestrati 30 milioni di beni al costruttore Giovanni Pilo. La Dia mette i sigilli anche su un appezzamento di terreno ubicato a Terrasini, paese in cui l’imprenditore avrebbe vantato rapporti con la mafia locale. E ancora, una grande villa a Mondello, terreni a San Vito Lo Capo, Roma e la provincia di Brescia, l’intero capitale sociale e relativo compendio aziendale di 5 società con sede nella città eterna, quote di partecipazione in 2 società  operanti nel settore immobiliare e delle costruzioni edili, 38 immobili, alcuni locali commerciali,  6 rapporti bancari, 5 polizze vita,  2 strutture ricettive alberghiere: una pronta a Ladispoli ed un’altra nel paese di residenza, Guidonia Montecelio in provincia di Roma.  Secondo l’accusa, Pilo sarebbe uomo d’onore della famiglia mafiosa di Palermo – Resuttana che avrebbe finanziato le proprie iniziative imprenditoriali con capitali illeciti, traendo un vantaggio concorrenziale nello svolgimento della sua attività,  grazie all’appoggio di Cosa Nostra, in quanto collettore del loro interesse  nell’ambito del settore delle costruzioni edili ed immobiliari. In tal senso, hanno reso dichiarazioni numerosi collaboratori di giustizia. Gli accertamenti svolti hanno, inoltre, disvelato una netta sperequazione fra i redditi dichiarati da Pilo, rispetto agli acquisti effettuati ed agli investimenti sostenuti per l’attività d’impresa. Ciò ha indotto il Tribunale della prevenzione a concordare con la DIA sul fatto che i capitali utilizzati fossero di provenienza illecita e a disporre, conseguentemente, il sequestro dei suoi beni e di quelli intestati alla coniuge e al figlio, stimati prudenzialmente in 30 milioni di euro. Le indagini patrimoniali, svolte dalla DIA hanno consentito di ricostruire la carriera professionale di Giovanni Pilo, schierato, nel corso della seconda guerra di mafia degli anni ’80, dalla parte dei Corleonesi, i quali, risultati “vincenti”, scelsero di farsi affiancare anche da costruttori edili per il controllo dell’urbanizzazione selvaggia ed il conseguente avvio di progetti speculativi ai danni del capoluogo siciliano (cosiddetto sacco di Palermo). Nel 1976 e nel 1985 Giovanni Pilo fu sottoposto alla Sorveglianza Speciale per gravi indizi di appartenenza a Cosa nostra, sulla base dei collegamenti accertati con Calogero D’Anna, esponente della famiglia mafiosa di Terrasini, dei rapporti intrattenuti con la famiglia Gambino, inserita nella famigerata cosca della Noce, tra l’altro per aver sposato nel 1974 Anna Gambino, sorella di Giacomo Giuseppe, capo del mandamento di San Lorenzo e quindi componente della  Cupola. Ma anche per gli stretti rapporti intercorsi con Francesco Cinà, esponente mafioso della famiglia di San Lorenzo, a cui aveva dato disponibilità di una villa, all’interno della quale venne ospitato, fra gli altri, l’allora latitante Leoluca Bagarella (secondo quanto riferito dal defunto mafioso Leopoldo Di Trapani), e detenute illegalmente armi e munizioni. Inoltre, a seguito delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta, Salvatore Contorno e Salvatore Anselmo, fu rinviato a giudizio nell’ambito del maxi-processo e successivamente condannato a 7 anni di reclusione per partecipazione ad associazione mafiosa.  

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