Cinisi, appello per salvare il casolare in cui venne ucciso Peppino Impastato

Nonostante gli impegni assunti nel tempo da diverse figure istituzionali, il casolare di Cinisi, dove il 9 maggio del 1978 venne assassinato Peppino Impastato, continua a cadere a pezzi. Un affronto per la famiglia del coraggioso militante di Democrazia Proletaria, ucciso dalla mafia perche’ osò denunciare dai microfoni di Radio Aut il boss Tano Badalamenti e i suoi affiliati. Da anni, Giovanni Impastato, fratello di Peppino, rivendica l’attenzione delle autorità preposte affinchè, quel luogo di memoria, ogni anno meta di miglia di persone, venga adeguatamente ristrutturato. Lamenta il totale disinteresse, in primis del legittimo proprietario, e a seguire quello dello stesso comune di Cinisi e della Regione. Nel 2003, i commissari straordinari che allora gestivano l’ente locale, imposero un vincolo sul casolare, poiché “bene di interesse storico-culturale”. L’area, infatti, è destinata ad “attrezzature culturali e sociali”. Ma allo stato attuale, in quel luogo simbolo del depistaggio istituzionale subito dalla famiglia Impastato, che ad oggi non vede puniti i colpevoli, vige il totale abbandono. L’ex vertice di Palazzo d’Orleans, Rosario Crocetta, si impegnò nel 2014 a requisire l’area che insiste in una delle trazzere che costeggiato la parte retrostante dell’aeroporto Falcone e Borsellino. Ma la promessa non ebbe seguito. Il fratello di Peppino Impastato, Giovanni, ha inviato una lettera al Presidente della regione Nello Musumeci ed al sindaco di Cinisi Giangiacomo Palazzolo, per sollecitare ancora una volta il necessario intervento di requisizione e ristrutturazione del casolare, atteso da migliaia di persone che, il 9 maggio di ogni anno, raggiungono il luogo in cui venne ucciso il congiunto.