Terrasini. Il vaccino causò danni ad un bambino, ma lo Stato non risarcisce VIDEO
Il ministero della Salute ha ammesso l’errore, ma lo Stato non pagherà per quanto è accaduto. E’ la drammatica vicenda di una famiglia di Terrasini che dal 2001 lotta con la burocrazia e i problemi riscontrati al figlio, che ad appena 11 mesi di vita, dopo le vaccinazioni obbligatorie, incomincia ad avere una serie di complicazioni. A spiegare quanto accaduto è il padre, Antonio Palazzolo, in un video diffuso dal Movimento 5 Stelle che denuncia lo stato di salute del suo bambino.
Dallo studio delle cartelle cliniche fin dalla nascita, non è emerso nulla di preoccupante. La famiglia Palazzolo, scopre su internet, che i problemi di salute del figlio potrebbero essere la conseguenza delle vaccinazioni e che c’è una legge specifica per tutelare questi casi.
I medici confermano la patologia e il nesso di causalità con il vaccino, ma ritiene intempestiva la richiesta, perchè superato il termine dei tre anni dalla scoperta della patologia. Il padre del piccolo presenta ricorso al Ministero della Salute, che riconosce la tempestività della richiesta, ma paradossalmente nega la relazione tra le patologie del bambino e le vaccinazioni, e quindi decide di non risarcire la famiglia. Una prassi quella di negare le valutazioni delle commissioni mediche già ripetuta in storie simili. Interviene il Consiglio di Stato che si esprime nel 2011 affermando che “la prassi ministeriale di riforma dei provvedimenti delle commissioni mediche ospedaliere sarebbe non conforme alla legge”. Insomma, il Ministero avrebbe dovuto pronunciarsi solo sulla tempestività della richiesta. La questione, recentemente è finita in parlamento, con un interrogazione di Giulia Di Vita del Movimento 5 Stelle. Il ministero ha risposto che “gli uffici hanno modificato i criteri di valutazione dei casi, adeguandosi alle indicazioni del Consiglio di Stato, ma contestualmente, ha deciso anche di non rivedere i provvedimenti rigettati in passato”. Alla famiglia del bambino di Terrasini non resta dunque che rivolgersi alla giustizia ordinaria.