Strage casermetta di Alcamo Marina, Giuseppe Gulotta è tornato nella sua città da uomo libero
Per la prima volta, dopo l’arresto avvenuto il 12 febbraio del 1976, è tornato nella propria città da uomo libero. Giuseppe Gulotta, 55 anni, all’epoca della strage alla casermetta di Alcamo Marina, di cui fu ingiustamente accusato, era poco più che maggiorenne. Oggi, dopo 36 anni di calvario, di cui circa 22 trascorsi all’interno di una cella nel carcere di San Gimignano, assapora il gusto della libertà, grazie alla sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria che lo ha assolto con formula piena. Il fatto di sangue, in cui vennero uccisi i due carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, è avvenuto il 27 gennaio 1976. I militari furono trovati morti e dai loro armadietti sparirono divise e armi, e altri effetti personali. Gli autori della strage entrarono nella casermetta fondendo la serratura con una fiamma ossidrica. Penetrarono all’interno della struttura e trucidarono Apuzzo e Falcetta, all’epoca poco più che diciottenni. Giuseppe Gulotta era stato condannato all’ergastolo con una sentenza diventata definitiva nel 1990, il suo nome, allora, venne fatto da Giuseppe Vesco, un ragazzo fermato con due armi sull’automobile e ritenuto coinvolto nella vicenda. Gulotta, nonostante una confessione estortagli con torture e servizie dall’arma dei carabinieri, che depistarono le indagini, si è sempre professato innocente. Dopo diversi anni, l’ex brigadiere Renato Olino, all’epoca in servizio al reparto antiterrorismo di Napoli che si occupò del caso, ha riferito una serie di circostanze che hanno scagionato il condannato. Dopo oltre due decenni di carcere e nove processi, tra rinvii della Cassazione e questioni procedurali, la Suprema Corte nel 2009 ha concesso la revisione del processo, che si è concluso oggi con l’assoluzione per non avere commesso il fatto di Giuseppe Gulotta. L’imputato non si è mai arreso. I suoi difensori Baldassarre Lauria e Pardo Cellini hanno cercato e trovato nuovi elementi per far riaprire il caso. Una prima istanza di revisione del processo presentata a Messina fu annullata. I legali si rivolsero ancora una volta in Cassazione che ha accolto la revisione inviando gli atti alla Corte d’Appello di Reggio Calabria. Al processo i giudici reggini hanno raccolto nuove testimonianze, tra cui quella dell’ex brigadiere Renato Olino. Il brigadiere ha fatto alcune ammissioni: in particolare ha riferito che ci furono dei «metodi persuasivi eccessivi» per far «cantare» il giovane Giuseppe Vesco, che finì con accusare Gulotta. Il pentito Vincenzo Calcara, poi, sentito in videoconferenza ha dichiarato di aver appreso in carcere dell’estraneità alla strage di Gulotta. Oggi, i suoi legali, nel corso della conferenza stampa, hanno annunciato che ricorreranno alla Corte di Strasburgo per ingiusta detenzione e atto doloso subito dal proprio assistito. Nel contempo hanno espresso amarezza per il silenzio dell’Arma dei Carabinieri sulla sentenza che obbliga chi di dovere a riscrivere la verità sulla strage della casermetta.