Il pentito Lo Verso su Mori, dell’Utri, Cuffaro e Romano

“Bernardo Provenzano mi riferì di accordi politici con Dell’Utri, dopo le stragi del ‘92-’93, che costituirono la base su cui la mafia decise di appoggiare Forza Italia”. E’ l’ultima rivelazione del pentito Stefano Lo Verso, per anni , vicinissimo al padrino di Corleone, che ospitò mentre era ricercato. Il collaboratore di giustizia ha raccontato di avere raccolto, tra il 2003 e il 2004, le confidenze del boss sulla rete istituzionale che coprì la sua latitanza. Tra le rivelazioni anche quella sul presunto ruolo svolto “da un Alto ufficiale dell’Arma”. Il racconto del pentito potrebbe entrare tra le carte del processo Mori: il pm Nino Di Matteo ha depositato davanti alla quarta sezione del tribunale, che processa l’ufficiale, i verbali con le dichiarazioni di Lo Verso che verrà sentito in dibattimento ad ottobre. La procura ha sollecitato i giudici ad ampliare il capitolato di prova e sentire il pentito anche sulle ultime circostanze emerse negli interrogatori. Tra queste, il fatto che Totò Cuffaro sia stato garante di un accordo con Bernardo Provenzano. Rivelazioni inserite in uno dei tre verbali su cui si fonda l’appello, presentato ieri, dalla procura di Palermo contro il proscioglimento dell’ex presidente della Regione dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Lo Verso tira in ballo anche il ministro Saverio Romano. Racconta di avere saputo, in via confidenziale, da Nicola Mandalà, boss di Villabate, dei rapporti della cosca mafiosa del paese in provincia di Palermo con con Cuffaro e Romano. Nel febbraio scorso il giudice per l’udienza preliminare Vittorio Ananaia ha ritenuto che per Cuffaro valesse il ne bis in idem, ossia il non luogo a procedere per gli stessi fatti per i quali era già stato condannato a 7 anni per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Sentenza ormai definitiva e che Cuffaro sta scontando a Rebibbia. Ora, però, le dichiarazioni del mafioso pentito di Ficarazzi aprono nuovi scenari. Lo Verso era uno dei pochi a potersi presentare al cospetto di Bernardo Provenzano che di lui si fidava tanto da affidargli la copertura della sua latitanza. Ed è nel 2004, anno in cui era ancora fuga, che il padrino corleonese avrebbe pronunciato il nome di Cuffaro. Prima avrebbe rivelato a Lo Verso la sua vera identità. Poi, gli avrebbe detto di stare tranquillo nonostante l’arresto dell’ingegnere e manager della sanità privata Michele Aiello, perché Cuffaro avrebbe dovuto mantenere gli accordi. Accordi inderogabili di cui era a conoscenza Antonino Mandalà, condannato in primo grado perché considerato appartenente alla mafia di Villabate. Nell’atto di appello firmato dai pubblici ministeri Antonino Di Matteo e Francesco Del Bene, una trentina di pagine in tutto, sono stati allegati tre verbali di Lo Verso. In uno si fa rifermento alla vicenda di Provenzano, negli altri due il boss di Ficarazzi conferma, indirettamente, le accuse di un altro collaboratore di giustizia Francesco Campanella. Lo Verso sostiene di avere raccolto, durate un comune periodo di detenzione, le confidenze di Vincenzo Paparopoli, altro favoreggiatore di Provenzano, il quale gli confermò che quanto sostenuto da Campanella era tutto vero. In passato Campanella ha tirato in ballo Cuffaro ma anche il ministero delle politiche agricole Saverio Romano. Parlando di candidature, Campanella disse che quella di Giuseppe Acanto, inserito alle regionali del 2001 nella lisa Biancofiore che appoggiava Totò Cuffaro, era sponsorizzata dalla mafia di Villabate. Una candidatura decisa, formalmente, da Saverio Romano, allora responsabile della formazione delle liste. Nei confronti di Romano pende una richiesta di rinvio a giudizio dopo che il gip di Palermo ha respinto l’istanza di archiviazione proposta dalla Procura e ha imposto l’imputazione coatta per il ministro. Oggi Lo Verso dice di avere saputo in da Nicola Mandalà che i mafiosi di Villabate avevano rapporti con Cuffaro e Romano. “Sono cose già note e già riportate dai media, inutili ma ricorrenti ad orologeria”. Così il ministro delle Politiche agricole Francesco Saverio Romano commenta all’ANSA le dichiarazioni del pentito Lo Verso. “Dopo otto anni che la mia vicenda è sui giornali – prosegue il ministro – in tanti hanno ’sentito dire’ che…, non solo Lo Verso”.

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