CONFERMATA CONDANNA PER L’EX GOVERNATORE DELLA SICILIA TOTO’ CUFFARO CHE SI E’ GIA’ COSTITUITO

L’ex governatore della Sicilia Totò Cuffaro si è costituito, dopo che la corte di Cassazione ha confermato nei suoi confronti la condanna a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e violazione del segreto istruttorio nell’ambito del processo «talpe alla Dda». E’ entrato nel primo pomeriggio nel carcere di Rebibbia, dall’ingresso carraio. Il provvedimento di carcerazione gli è stato notificato dai carabinieri del Ros nella stazione dei militari vicino a piazza Farnese, dove l’esponente politico si è fermato dopo aver lasciato l’abitazione. “Adesso – ha detto Cuffaro sotto casa – affronterò la pena come è giusto che sia, questo è un insegnamento che lascio come esempio ai miei figli. Sono stato un uomo delle istituzioni – ha proseguito – e ho un grande rispetto della magistratura che è una istituzione, quindi la rispetto anche in questo momento di prova che – ha concluso – certamente non è facile, ma ha rafforzato in me la fiducia nella giustizia e soprattutto la mia fede. Se ho saputo resistere in questi anni difficili è soprattutto perché ho avuto tanta fede e la protezione della Madonna”. La sentenza della II Sezione penale della Cassazione presieduta da Antonio Esposito conclude definitivamente l’inchiesta denominata “talpe alla Dda” di Palermo, che aveva visto la condanna anche nel secondo grado di giudizio a 7 anni di reclusione per l’attuale senatore del Pid. La Corte si è pronunciata oltre che per la posizione di Cuffaro anche per quella di altri 11 imputati tra i quali Michele Aiello, manager della sanità privata in Sicilia, condannato a 15 anni e mezzo di reclusione. Ieri il procuratore generale Giovanni Galati aveva chiesto alla Corte il rinvio della posizione di Cuffaro per rideterminare la pena al ribasso. In particolare Cuffaro era accusato di aver informato esponenti di Cosa Nostra sulle inchieste in corso da parte della Dda di Palermo. Cuffaro inizialmente era stato indagato e interrogato, il primo luglio 2003, per l’ipotesi di reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo i pm, avrebbe voluto favorire dall’esterno, in maniera sistematica, l’organizzazione mafiosa, ad esempio facendo vincere un concorso a due medici raccomandati dal medico-boss Giuseppe Guttadauro e accettando i condizionamenti di quest’ultimo nelle nomine dei primari negli ospedali, agevolando una variante al piano regolatore di Palermo per consentire la realizzazione di un ipermercato su un terreno della moglie del capomafia Gisella Greco: Cuffaro avrebbe per questo motivo boicottato le autorizzazioni alla costruzione di un altro centro commerciale, a Villabate, non lontana da Brancaccio. Inoltre, Guttadauro avrebbe ottenuto, grazie a Cuffaro, la candidatura di Mimmo Miceli, che del chirurgo mafioso sarebbe stato diretta espressione. Uno dei principali favori, poi, sarebbe stato l’aver consentito di scoprire la microspia che il boss aveva nel salotto. L’accusa di mafia era, però, naufragata di fronte agli sviluppi dell’inchiesta: si era scoperto un secondo episodio di rivelazioni di segreti, attribuito a Cuffaro, e il pool coordinato da Grasso e dall’aggiunto Giuseppe Pignatone aveva preferito puntare su episodi concreti e ritenuti provati. L’episodio Guttadauro era diventato così uno dei due elementi centrali della nuova contestazione di favoreggiamento e rivelazione di segreto aggravati dall’agevolazione di Cosa Nostra. Di fronte alla richiesta di archiviazione dell’indagine per concorso esterno si era dissociato il pm Gaetano Paci che, nell’estate 2004, aveva lasciato il pool, di cui facevano parte Nino Matteo, Maurizio De Lucia e Michele Prestipino. Alla fine del 2006 aveva lasciato anche Di Matteo, che avrebbe voluto che al governatore si contestasse il concorso esterno in aula. Di questo reato, tuttavia, Cuffaro è stato poi chiamato a rispondere comunque ed è attualmente sotto processo davanti al Tribunale di Palermo, dove la Procura ha chiesto la sua condanna a 10 anni.

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