Sparito il fascicolo su Salvatore Giuliano. La Procura potrebbe riesumare i genitori del bandito

di Loredana Badalamenti
C’è un nuovo giallo nell’inchiesta sulla morte di Salvatore Giuliano. Il fascicolo aperto subito dopo l’omicidio, avvenuto il 5 luglio del 1950, è sparito. I pm di Palermo che hanno riaperto l’inchiesta sul delitto, ipotizzando che quello sepolto nel cimitero di Montelepre non sia il cadavere del bandito, hanno cercato invano l’incartamento per esaminare il referto firmato dal medico legale dopo il decesso. Ma delle conclusioni dell’esame autoptico e del fascicolo non c’è traccia. Nè in Procura, nè all’Archivio storico di Palermo dove tutti gli atti di inchieste penali devono essere portati decorsi 50 anni. In attesa del deposito ufficiale della consulenza degli esperti che hanno comparato il dna trovato su alcuni oggetti appartenuti al bandito con quello del corpo sepolto e riesumato – ufficiosamente i consulenti hanno già detto che il dna estratto dagli abiti esaminati non è sufficiente per arrivare a una conclusione certa sull’identità del cadavere -, l’inchiesta resta aperta. A un nulla di fatto ha portato il raffronto con i familiari in vita di Giuliano, a un nulla di fatto avrebbe portato il confronto con i vestiti. La Procura, dunque, per mettere fine ai dubbi sulla morte del bandito e archiviare il sospetto che ad essere ucciso sia stato un sosia e che Giuliano sia fuggito altrove, potrebbe decidere di riesumare i genitori del <>. Il confronto del loro dna con quello del corpo sarebbe risolutivo per accertarne l’identità. Il silenzio calato, in quasi un anno di indagini, dall’avvenuta riesumazione della salma sepolta nella necropoli monteleprina, lascia intuire i condizionamenti dettati sul caso dal Segreto di Stato. Il fascicolo che oggi si da per dissolto, con molta probabilità, sarà scivolato tra gli incartamenti, top secret, della storica inchiesta che da 60 anni continua a negare la verità ai monteleprini. La desecretazione degli atti è prevista nel 2016, ma sui contenuti del dossier non vi sono molte aspettative. Troppe ombre oscurano la storia del banditismo in Sicilia e i dubbi e le perplessità sollevate da sempre rischiano di restare senza una risposta. I poteri, le strategie e gli interessi occulti che vi ruotano attorno lasciano già presagire le conclusioni. Ciò che si cela dietro la strage di Portella della Ginestra, rimarrà un mistero. Le responsabilità di cui avrebbero dovuto rispondere alcuni pezzi dello Stato sarebbero troppo gravi e penose. Vox populi, voce di Dio? L’idea resterà quella che Salvatore Giuliano sia stato fatto scappare in America, con la complicità dell’arma dei carabinieri, dello stato e dei servizi segreti, sia italiani che statunitensi, e che quindi al suo posto, sia stato seppellito un suo sosia. Ciò a scapito delle tante vittime del banditismo e delle numerose famiglie monteleprine, ancora oggi segnate dal dolore dei lutti e dalle mortificazioni subite in nome di una Sicilia libera e indipendente. Per non parlare dei tanti innocenti che si sono ritrovati a scontare ingiustamente lunghi anni di detenzione, alcuni di loro morti in prigione, anche in circostanze misteriose, ed altri usciti dalle carceri quando già vecchi e malati. I fiumi di inchiostro sprecati per scrivere le centinaia di versioni contrastanti sull’accaduto, non chiariranno mai le ambiguità e gli enigmi di una delle pagine più nere della storia italiana.

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