Mafia, 150 anni di carcere inflitti ai fedelissimi del boss Matteo Messina Denaro

Nell’aula Bunker del Pagliarelli, il gup di Palermo Cristina Lo Bue ha condannato complessivamente ad oltre 150 anni di carcere 13 tra boss, gregari e favoreggiatori dei clan trapanesi, finiti in manette nell’ambito dell’operazione Anno Zero che  il 19 aprile dello scorso anno ha disarticolato i clan della provincia   e la “famiglia” della primula rossa di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Un solo imputato è stato assolto. L’accusa in aula è stata sostenuta dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Francesca Dessì, Geri Ferrara, Alessia Sinatra, Claudio Camilleri e Gianluca De Leo. Il processo si sé svolto con il rito abbreviato. I pubblici ministeri della Dda avevano chiesto 176 anni e 4 mesi di reclusione per gli imputati  che rispondevano, a vario titolo, di associazione mafiosa e favoreggiamento. Nicola Accardo, capomafia di Partanna detenuto al 41 bis, ha avuto 15 anni; 12 Antonino Triolo, 11 Calogero Guarino, 11 anni e 4 mesi Giuseppe Tilotta, 10 anni e 8 mesi Leonardo Milazzo, 11 anni e 4 mesi Paolo Buongiorno, 19 anni e 4 mesi Vincenzo La Cascia, capomafia del clan di Campobello di Mazara, anche lui al carcere duro. A 18 anni e 4 mesi è stato condannato anche l’altro boss di Campobello Raffaele Urso, pure lui al 41 bis, a 8 anni Andrea Valenti, a 12 Filippo dell’Aquila, a 8 Angelo Greco. Due anni e 6 mesi sono stati inflitti a Bartolomeo Tilotta accusato di favoreggiamento, tre anni e 4 mesi a Mario Tripoli. Unico assolto Giuseppe Rizzuto che rispondeva di favoreggiamento. Riconosciuto, infine,  il risarcimento dei danni alle parti civili: i comuni di Castelvetrano e Campobello di Mazara, Sicindustria, associazione “Codici Sicilia onlus”, “La Verità vive onlus”, Centro Pio La Torre e Associazione antiracket Trapani. Altre 18 persone, coinvolte nella stessa indagine, sono sotto processo con il rito ordinario: tra loro il cognato di Matteo Messina Denaro, Gaspare Como che, secondo l’accusa sarebbe stato designato dal congiunto, per un certo periodo, quale “reggente” del mandamento di Castelvetrano. Nell’inchiesta, è emerso, tra l’altro, l’interesse del clan anche nel settore delle scommesse online, oltre ai reati di estorsione e danneggiamenti. Originariamente tra gli imputati c’era anche Rosario Allegra, marito di Giovanna Messina Denaro, sorella del boss latitante, morto nei mesi scorsi.

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