Operazione Octopus, il business dei buttafuori nelle mani della mafia, 11 arresti

Il business dei buttafuori nei locali notturni è nelle mani di Cosa Nostra. 11 gli arresti scattati all’alba di oggi per estorsione aggravata dal metodo mafioso, nell’ambito dell’operazione Octopus. Ad eseguire le misure cautelari in carcere firmate dal gip di Palermo su richiesta dei sostituti procuratori Giorgia Spiri, Gaspare Spedale e dall’aggiunto della Dda Salvatore De Luca sono stati i  carabinieri del reparto operativo di Palermo. In manette sono finiti Massimo Mulè. Andrea e Giovanni Catalano, Vincenzo Di Grazia, Gaspare e Antonino Ribaudo, Cosimo Calì, Emanuele Cannata, Mario Giordano, Francesco Fazio e Tejo Emanele Rughoo.  Secondo gli investigatori  i boss costringevano i proprietari dei più importanti locali notturni di Palermo ad avvalersi dei servizi dei suoi uomini come buttafuori, formalmente inquadrati fra le fila dell’agenzia di sicurezza Lion Security,  Un sistema che i clan utilizzavano per controllare il territorio e lo spaccio di sostanze stupefacenti nelle discoteche. Chi non sottostava alle loro imposizioni veniva preso di mira dalle persone finite in manette,  con risse continue durante le serate e danneggiamenti. A capo del business nel capoluogo ma anche in provincia di Palermo, c’era un uomo di fiducia della famiglia mafiosa di Porta Nuova, Andrea Catalano che, con l’aiuto del fratello Giovanni, reclutava il personale. Per eludere poi la normativa che impedisce a chi ha precedenti penali di esercitare il ruolo di buttafuori, Catalano aveva creato due associazioni di volontari antincendio dove venivano formalmente impiegati i soggetti già con precedenti penali. Le intercettazioni hanno permesso di accertare diverse estorsioni e minacce perpetrate ai danni dei titolari di diversi locali; cinque sarebbero risultati totalmente nelle mani della mafia, altri venivano saltuariamente sollecitati ad attingere ai servizi di vigilanza della Lion Security solo in particolari occasioni o solo per la stagione estiva. Tra i dettagli emersi dalle indagini, la vicenda in cui è coinvolto Massimo Mulè, uomo d’onore e reggente della famiglia mafiosa di Palermo centro, scarcerato dal tribunale del riesame lo scorso agosto. Mulè si era interessato per far ottenere al cognato Vincenzo Di Grazia, la gestione della sicurezza per le serate organizzate in un noto locale della movida palermitana; da qui minacce, ed intimidazioni messe in pratica dai fratelli Catalano nei confronti del titolare.

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