Alcamo, “diffamazione attraverso facebook”: Assolti 8 alcamesi

Assolti otto alcamesi sono stati assolti dall’accusa di diffamazione attraverso Facebook perchè «il fatto non sussiste». Così ha deciso il giudice monocratico del tribunale di Trapani, Francesco Maria Giarrusso, per una vicenda legata a commenti fatti sulla notizia postata sulla pagina del noto social del Movimento 5 Stelle di Alcamo in cui gli 8 imputati accusavano diversi consiglieri comunali in carica nel 2015 di aver votato un aumento dei tributi. Così come riporta il “ Giornale di Sicilia”, a presentare querela furono gli allora consiglieri Giuseppe Stabile e Lorena Di Bona, tra coloro che approvarono la manovra di ritocco all’insù delle aliquote Imu e Tasi. Seguirono commenti sicuramente non teneri nei confronti dei consiglieri che votarono quella delibera che furono lasciati in calce ad una locandina stile «wanted» del Far West, con i nomi e le foto dei 13 consiglieri che per l’appunto votarono quegli aumenti. Ad essere utilizzati dei termini che inizialmente il pm non considerò diffamatori, chiedendo per tutti l’archiviazione; successivamente il gip fece un decreto di citazione a giudizio per gli otto alcamesi, ritenendo al contrario che quei commenti su Facebook «offendevano la reputazione di Lorena Di Bona e Giuseppe Stabile». Tutti alla fine hanno deciso di chiedere il rito abbreviato. Ad essere stati oggi assolti Giacomo Garbo, 46 anni, Girolamo Pitò, 45 anni, Salvino Gnoffo, 29 anni, Maurizio Regina, 46 anni, Giuseppe Saverio Amodeo, 60 anni, Rosario Greco, 28 anni, Domenico Giorlando, 42 anni, e Fabio Termine, 27 anni, assistiti dagli avvocati Valerio Duca, Giuseppina Barone, Giovanna Sagona, Tiziana Pugliesi, Massimo Gagliardo e Santino Butera. All’epoca lasciò un grande strascico polemico quell’aumento dei tributi, che fu richiesto dal commissario straordinario Giovanni Arnone: manovra che consentì di poter approvare il bilancio che registrava in quel momento uno squilibrio. Da parte dei consiglieri comunali che votarono favorevolmente il commento fu unanime: l’approvazione la considerarono una sorta di sacrificio necessario per salvare le finanze dell’ente municipale. In questo modo l’aliquota Imu passò dal 9,6 al 10,6 per mille mentre la Tasi balzò dall’1,5 al 2,2 per mille. In realtà questa manovra finanziaria non solo divenne motivo di scontro virtuale sui social ma anche sul piano politico. Movimenti e partiti si divisero in due, tra chi sosteneva la necessità di salvare l’economia del municipio e chi invece chiedeva tagli alla spesa corrente per non mettere le mani in tasca al cittadini. Alla fine vinse il «partito» di chi votò l’aumento «per il bene della città», testi che comunque non convinse nessuno. Scontri politici che alla fine si riversarono per l’appunto anche su Facebook con l’epilogo di queste querele per diffamazione. In realtà non è la prima volta che commenti poco graditi sui social da politici o da rappresentanti istituzionali finiscono per diventare materia giudiziaria con sentenze che non sempre sono state d’assoluzione per i commentatori.

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