Partinico, nuovo processo per le docenti accusate di violenze sugli alunni

Troppo basse le pene inflitte in appello nei confronti delle tre maestre della scuola Capitano Polizzi di Partinico, accusate di aver maltrattato alunni di 6 anni, compreso un bimbo diversamente disabile, ragion per cui, secondo quanto emerge dalle motivazioni della sentenza depositate dalla sesta sezione della Cassazione, sarà necessario celebrare un nuovo processo d’appello. Così come scrive oggi il Giornale di Sicilia, per i magistrati non vi sono dubbi sulla colpevolezza delle insegnanti Vita Fuoco, Francesca Orlando e Giuseppa Mattina, ma bisogna rivedere «il trattamento sanzionatorio», ritenuto inadeguato in relazione alla gravità dei fatti accaduti ed accertati. Le tre donne, finirono ai domiciliari nel settembre del 2016. Condannate pesantemente in primo grado, in appello Fuoco se la cavo’ con un anno e 10 mesi, Orlando con un anno e 8 mesi e Mattina con un anno e mezzo. Per la Suprema Corte si è trattato di una sentenza contraddittoria, poiché da un lato ha condiviso il giudizio di primo grado sull’estrema gravità e la particolare odiosità’ delle condotte delle insegnanti, escludendo le attenuanti generiche, dall’altro, ha dimezzato le pene, ritenendo ridotto il disvalore delle stesse condotte e definito come limitato il danno cagionato ai minori in assenza di lesioni personali e traumi psichici. La Cassazione scrive che «la sentenza impugnata giustifica in modo puntuale e congruamente argomentato la ritenuta abitualità delle condotte vessatorie e violente poste in essere da Vita Fuoco nei confronti del minore disabile, a lei affidato in qualità di insegnante di sostegno. Comportamenti che, tra l’altro, erano stati anche ripresi dalle telecamere piazzate dai carabinieri nella scuola. Per Giuseppa Mattina le immagini documentano come«schiaffeggia ripetutamente il piccolo, minacciandolo esplicitamente di ulteriori punizioni corporali» e per Francesca Orlando come «percuote, strattona e schiaffeggia ripetutamente i piccoli, ingiuriandoli». Per la Corte Suprema si tratta di maltrattamenti a tutti gli effetti e non semplice abuso dei mezzi di correzione.

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