Sequestrati beni ad ex vicedirettore dell’Inail di Palermo

I finanzieri del Gico della Polizia Tributaria hanno sequestrato immobili e depositi bancari per 516 mila euro a Giuseppe La Mantia, ex vice direttore dell’Inail di Palermo e direttore dell’ufficio di Termini Imerese, nonché definito dagli investigatori “cassiere” del clan mafioso dei Madonia. Il provvedimento di prevenzione patrimoniale nei suoi confronti è stato emesso dal tribunale di Palermo su richiesta della Procura della Repubblica.
La Mantia, accusato di corruzione e concussione in sede penale, è ritenuto responsabile di aver consentito illecitamente il rilascio di numerosi Durc (Documenti unici di regolarità contributiva), a favore di una pluralità di imprenditori che lo ricompensavano pagando sostanziose mazzette.
Le indagini condotte dai finanzieri hanno permesso di ricostruire la fitta rete di complicità tra La Mantia, all’epoca ai vertici degli uffici palermitani dell’Inail, ed imprese compiacenti che – nonostante il ricorrere di evidenti cause ostative, come l’esistenza di cartelle esattoriali mai pagate– venivano favorite nell’entrare in possesso delle certificazioni di regolarità contributiva.
Il rilascio dei Durc del tutto falsi ha consentito ad imprenditori privi di scrupoli di realizzare, tra il 2007 ed il 2012, ingenti guadagni attraverso la partecipazione ad appalti e gare pubbliche senza averne titolo e, in altri casi, di ottenere pagamenti da pubbliche amministrazioni nonostante fosse sistematicamente evaso il versamento di contributi e premi assicurativi dovuti all’Inps ed all’Inail, determinando così un danno alle casse dell’Erario ed una distorsione delle regole di funzionamento della concorrenza e del mercato.
“Per le sue prestazioni, l’alto funzionario colluso veniva ricompensato con la consegna di buste contenenti denaro – scrivono i finanzieri del Gico – che riscuoteva direttamente presso il proprio ufficio, ovvero ottenendo l’accredito di somme direttamente su conti correnti di cui era titolare o di cui aveva la disponibilità perché intestati a familiari o persone a lui vicine. In taluni casi, la mazzetta veniva riscossa anche sotto forma di concessione dell’uso gratuito di cellulari e auto di lusso.

A La Mantia viene pure contestata la truffa perché avrebbe attestato falsamente la sua presenza al lavoro quando in realtà sarebbe stato assente. Con l’avvio delle perquisizioni in ufficio l’ex dirigente capì di essere finito nei guai e avrebbe chiesto ai colleghi di fare sparire alcuni documenti.

Le indagini, inoltre, hanno fatto emergere la sua vicinanza con alcuni personaggi mafiosi, come Camillo Graziano della famiglia dell’Arenella e Vincenzo Giacalone del mandamento di San Lorenzo. Ed ancora con il clan Madonia di cui sarebbe stato il “cassiere”. Di lui avevano parlato anche alcuni pentiti, riferendo di una sua partecipazione alla gestione degli appalti di cui al tempo si era occupato il “ministro dei lavori pubblici” di Cosa nostra Angelo Siino.

Documentati, inoltre, i rapporti d’affari intercorsi tra La Mantia e Giuseppe Damiata, anche quest’ultimo colpito da misura di prevenzione eseguita dalla Guardia di Finanza nel dicembre 2016 e con il quale avrebbe diviso gli “utili” derivanti dalla gestione illecita di alcune cooperative”.

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