Omicidio Concetta, interrogatorio di garanzia per i Caltagirone

Interrogatorio di garanzia per Vincenzo e Antonio Caltagirone, padre e figlio, di 72 e 32 anni, arrestati per l’omicidio di Concetta Conigliaro, la giovane di San Giuseppe Jato scomparsa dal 9 aprile scorso. I due sono stati ascoltati dal gip Lorenzo Matassa nel carcere Ucciardone di Palermo, dove Antonio si trova rinchiuso dal 7 ottobre scorso, mentre il padre è ai domiciliari e ieri è stato trasportato in ospedale per un malore, l’anziano è cardiopatico, ma le sue condizioni di salute non sarebbero gravi. Vincenzo e Antonio Caltagirone, raccoglitori di ferro vecchio, erano stati sospettati fin da subito dai carabinieri della compagnia di Monreale, tanto che la sera che fu fermato Salvatore Maniscalco, marito di Concetta, attualmente detenuto, anche i Caltagirone furono convocati in caserma. Indagati in un primo momento per favoreggiamento, i parenti di Maniscalco hanno sempre respinto ogni accusa, ma gli elementi raccolti dai militari accerterebbero il coinvolgimento dei Caltagirone nell’omicidio della giovane mamma. Avrebbero aiutato il marito di Concetta Conigliaro a distruggere il cadavere, i cui resti sarebbero quelli ritrovati bruciati in un fusto nascosto in un magazzino di contrada Giambascio. I carabinieri hanno ricostruito il loro presunto ruolo grazie alle analisi dei tabulati telefonici. Sono emersi contatti costanti con Maniscalco dopo il delitto. L’analisi delle celle agganciate dai telefoni dei Caltagirone ha inoltre evidenziato, nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa, diversi passaggi nell’area dove poi sono stati trovati i resti. È stato lo stesso Maniscalco a raccontare le fasi il delitto, seppure tra mille contraddizioni, e ad accompagnare i carabinieri sul posto. Nel corso delle perquisizioni i militari hanno pure trovato a casa di padre e figlio delle taniche uguali a quella trovate in contrada Giambascio, dove sono stati rivenuti i resti carbonizzati che apparterrebbero alla donna. Tra i resti c’erano delle immagini sacre, simili a quelle di rito evangelico trovate nell’abitazione dei Caltagirone. Ma l’avvocato Giuseppe Pinella, che difende i Caltagirone, intervistato da vallejato.it ritiene che “con gli elementi fin qui emersi, si poteva comprendere un’accusa di favoreggiamento, ma non certo l’arresto. E la presunta prova dei “santini” è difficile perfino da commentare: si possono trovare in ogni casa”. Le indagini dei carabinieri della compagnia di Monreale, hanno però portato all’arresto di Vincenzo e Antonio Caltagirone. Un particolare importante è emerso in relazione ad uno sgombero di rifiuti ferrosi da casa Maniscalco nelle giornate immediatamente successive a quelle della sparizione della donna: tra quei rifiuti, che i Caltagirone avevano raccolto con un loro camion, ci sarebbe stato un fusto metallico in tutto simile a quello fatto rinvenire dal marito della vittima con i suoi resti carbonizzati. Il riscontro con la ditta che generalmente riceveva i carichi di rifiuti metallici da parte dei Caltagirone ha dimostrato che, nonostante in quel periodo i due avessero effettuato numerose consegne, nelle diverse ricevute non figurava alcun fusto metallico. Durante le indagini, i due uomini sono stati intercettati mentre si trovavano a bordo di una fiat 600. Padre e figlio commentavano i timori relativi alle possibili imputazioni derivanti dal loro coinvolgimento nella triste vicenda. Prima di essere interrogati avevano concordato le versioni da raccontare a carabinieri e pubblici ministeri. Dalle intercettazioni emergerebbe che padre e figlio erano terrorizzati “Dio ci scanza, i guai passiamo tutta la vita in galera ci buttano”.

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