Carini, sgominata la famiglia mafiosa di Angelo Antonino Pipitone. In manette anche la moglie e la figlia. Colletti bianchi indagati

di Loredana Badalamenti

Il “Destino”, quello a cui non avrebbe potuto sottrarsi il boss della famiglia mafiosa di Carini, Angelo Antonino Pipitone ha preso il nome dell’operazione che alle prime luci dell’alba di oggi ha portato complessivamente all’arresto di 6 persone. In manette sono finiti il capomafia Angelo Antonino Pipitone di 71 anni, la moglie Franca Pellerito di 65 anni, la figlia Epifania Pipitone di 34 anni, suo marito Benedetto Pipitone di 40 anni, il cugino Francesco Marco Pipitone di 33 ani e Angela Conigliaro di 44 anni, ritenuta fedelissima del boss. L’operazione, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia, è stata eseguita dai carabinieri della Compagnia di Carini su ordinanza emessa dal Gip Lorenzo Jannelli. Contestualmente, i militari hanno sequestrato le quote sociali ed i complessi aziendali (circa 40 tra fabbricati e terreni) di due società a responsabilità limitata con sede a Carini, riconducibili alla consorteria mafiosa locale. Numerosi gli obiettivi perquisiti, tra cui anche due studi legali di Palermo e Carini. I reati contestati a vario titolo sono: partecipazione ad associazione mafiosa, estorsione aggravata continuata in concorso, incendio aggravato in concorso, uccisione di animali aggravata in concorso, detenzione e porto illegale di arma da fuoco aggravati in concorso, trasferimento fraudolento di valori aggravato in concorso. L’attività d’indagine, svolta sotto la direzione della D.D.A. di Palermo, è iniziata la notte di Capodanno del 2013, a seguito dell’incendio doloso avvenuto in una stalla nelle campagne di Carini in cui sono stati pure rinvenuti due equini ed un suino uccisi con colpi di arma da fuoco. Gli investigatori, dopo mesi di lavoro, interrogatori e intercettazioni, sono riusciti ad individuare il mandante e l’esecutore dell’attentato incendiario, rispettivamente il Boss Angelo Antonino Pipitone che all’epoca dei fatti era detenuto in carcere per estorsione e associazione a delinquere di stampo mafioso e il genero Benedetto Pipitone, presunto autore del vile gesto finalizzato ad indurre il proprietario della stalla a vendere la sua quota alla famiglia mafiosa di Carini già titolare al 50% dello stesso terreno, sotto la copertura di una società del luogo.
Per il concorso nell’estorsione aggravata sono stati arrestati anche Franca Pellerito ed Epifania Pipitone, rispettivamente moglie e figlia del boss. La vicenda avrebbe sicuramente avuto un seguito, se non fosse stato per l’incontro avvenuto tra una pattuglia dei Carabinieri ed il soggetto incaricato di compiere un secondo attentato incendiario alla stalla.
Nel corso dell’attività investigativa, inoltre, i militari sono anche riusciti a ricostruire una fitta rete di prestanome, grazie ai quali l’anziano boss, pur trovandosi recluso dal gennaio 2007, riusciva a gestire e ad accrescere un immenso patrimonio occulto, fatto di ville, terreni, fabbricati industriali e società. Tra gli indagati, oltre ai familiari di Angelo Antonino Pipitone, vi sarebbero dei “colletti bianchi”. Persone, quest’ultime, il cui apporto sarebbe stato determinante per consentirgli di conservare il proprio illecito patrimonio accumulato nel corso di decenni di appartenenza a Cosa Nostra.
Proprio uno di questi, indagato in stato di libertà, è stato intercettato mentre schernisce l’operato dei Carabinieri di Carini, che etichetta come degli “invasati”.
Il riferimento è ad uno dei tanti accertamenti eseguiti dagli investigatori sugli immobili della nota “Rotonda” dello svincolo autostradale di Carini, riconducibili alla stessa famiglia mafiosa e già sottoposti a sequestro nell’estate 2003, per violazione della normativa a tutela dell’ambiente.
Una vicenda, questa, che costituì un duro colpo per la famiglia PIPITONE, oltre che per l’aspetto prettamente economico, anche e soprattutto da un punto di vista dell’immagine.
La “Rotonda” di Carini, infatti, ha per decenni costituito l’espressione del potere della famiglia mafiosa carinese.
A chiusura del cerchio, nel corso dell’operazione “Destino”, gli stessi Carabinieri hanno nuovamente sottoposto a sequestro – e questa volta per intestazione fittizia – uno dei fabbricati della “Rotonda”. Nel corso di una conversazione che Angelo Antonino Pipitone ha con la figlia finita in manette, parla di Destino, quasi confidando la propria rassegnazione e dimostrandosi pronto ad accettare qualunque conseguenza pur di portare avanti i suoi malaffari: “…pazienza che posso fare, il mio destino è stato questo…che posso fare!? ”Lo stesso destino a cui non si sarebbe potuta sottrarre la città di Carini. Così, infatti, uno degli indagati si rivolge al boss, commentando l’operato quotidiano dei Carabinieri: “…Sì, sono invasati, devono fare chissà cosa…ma tu da solo non puoi fare niente, perché il territorio è questo…cioè, levatelo dalla testa che…cosa vuoi fare?”.

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